Il 12 marzo 2020, tutta l’Italia diventa zona rossa. Uno shock sociale inaudito. Il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte per contrastare e contenere il diffondersi del virus denominato “Covid 19” dichiara: «Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore domani»; firmando un provvedimento che si può sintetizzare: “Io resto a casa”. Da qui inizia un veloce e complesso processo di trasformazione delle nostre abitudini quotidiane, che ci riporta a riordinare le nostre vite. Al dramma dell’emergenza del Coronavirus si aggiunge quello della crescente povertà: una falce che si abbatte principalmente su tante famiglie non abituate all’indigenza.
Il 13 marzo la Conferenza Episcopale Italiana, per sostenere le Caritas diocesane nella loro azione di supporto alle persone in difficoltà a causa dell’emergenza Coronavirus, ha deliberato lo stanziamento di 10 milioni di euro provenienti dalle donazioni dell’8×1000. Questo stanziamento straordinario della Cei, spiega il direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu, rappresenta per le Caritas diocesane un segno concreto di speranza e conforto. Le chiese locali, in questo modo continueranno a non far mancare il dinamismo forte della carità. Papa Francesco, tramite il Dicastero per il servizio allo Sviluppo Umano Integrale, il 12 marzo ha donato centomila euro alla Caritas Italiana, un contributo a favore delle Chiese locali, che attraverso le Caritas nazionali e le Caritas diocesane, garantiscono aiuto e solidarietà in favore di coloro che sono in difficoltà, in condizioni di precarietà e bisogno.
Il nostro Vescovo monsignor Domenico Mogavero fa sentire la sua voce attraverso l’editoriale del giornale diocesano “Condividere”: «L’inizio di Quaresima coincide quest’anno con una stagione che ha trovato impreparati tanti e che sta ingenerando sensazioni e comportamenti contrastanti. Il coronavirus ha tolto pace a intere città e paesi, sta sconvolgendo la vita e le abitudini dei cittadini che lo abitano e non solo». Nell’editoriale il Vescovo riflette: «La diffidenza nei confronti dell’altro che può trasmettere il contagio è in qualche modo l’esemplificazione della logica del sospetto, coltivata da tanti. L’altro che non si conosce finisce con il rappresentare un nemico potenziale, capace di attentare alla propria vita, se dovesse trasmettere, anche con il suo solo respiro, il maledetto virus. Vincere questa fissazione dell’assedio diventa nel tempo quaresimale purificazione della relazione di prossimità».
Ed è con questo spirito di prossimità, a cui il nostro Vescovo ci sensibilizza ancora una volta, che gli operatori della Caritas hanno cercato di prestare il proprio servizio presso i Centri di ascolto parrocchiali, rimodulandoli alla situazione contingente. Nell’ambito dell’Unità Pastorale di Campobello di Mazara, si è rafforzato il progetto “Lotta allo spreco” in collaborazione con la Fondazione “San Vito Onlus”. Circa 50 nuclei familiari della nostra cittadina, durante il lockdown, hanno richiesto aiuto ai Centri di Ascolto Caritas, per un sostegno urgente, anche se momentaneo.
Durante il mese di maggio gli operatori della Caritas, hanno animato in videoconferenza, la recita del Santo Rosario, itinerante nelle famiglie. Pregare insieme è una squisita forma di carità, espressione di amore e di condivisione, di prossimità e partecipazione; un’audace opera di misericordia e di evangelizzazione, alla quale papa Francesco ci invitava il 25 aprile scorso, esortandoci a pregare nelle case, con il Rosario in mano. Di questo periodo non rimarrà solo la percezione di un tempo di smarrimento; al contrario, sarà un memoriale fatto di volti, di pianti, di sorrisi, di preghiera, di attesa. Un tempo che, se pur vissuto nell’assenza dei consueti contatti sociali ha, paradossalmente, riempito di umanità le relazioni. Ci vengono in mente le parole di Papa Francesco, del 29 novembre, dello scorso anno, in visita alla Cittadella di Roma e comprendiamo l’importanza e il valore di ogni dinamica relazionale, soprattutto in questo tempo in cui ne siamo, in qualche modo, limitati: «Continuate a essere insieme, aiutandovi l’un l’altro, questo fa bene al cuore».
Riporto le parole del nostro Vescovo in occasione di un intervento televisivo alla trasmissione “Atlantide” il 15 aprile scorso: «Gli invisibili di cui ci ha parlato tanto Papa Francesco negli ultimi tempi, rimango tali fino a un certo punto; prendono visibilità, ci sono gli occhi dei volontari che scrutano queste povertà e queste indigenze, queste criticità». Il Vescovo continua parlando di alcune iniziative della diocesi: il carrello della spesa sospesa e la raccolta dei buoni spesa. Monsignor Mogavero, ancora in quell’occasione, ci invita ad accogliere il messaggio di Papa Francesco, un Pontefice che ci invita a sganciare il pilota automatico per uscire da ogni schema che ci imprigiona e ci impedisce di dare risposte adeguate al momento presente. Un periodo certamente difficile per il popolo di Dio, vissuto nell’assenza del pane eucaristico, dopo che la Cei, in un rapporto di collaborazione con il governo, ha accolto le misure restrittive, per contrastare la diffusione del coronavirus, emanando, per un tempo, la sospensione dei riti liturgici con la presenza di fedeli.
Toccante il discorso del nostro Vescovo, all’indomani del provvedimento del primo Ministro Conte, nell’ambito dell’itinerario settimanale della Lectio divina; un percorso itinerante per le comunità nel tempo della Quaresima. Sono le parole che il profeta Sofonia annunciava ad Israele, in un tempo in cui si credeva l’indifferenza di Dio per la sorte del popolo: «Non temere Sion, non lasciarti cadere le braccia, il Signore tuo Dio è in mezzo a te, è un Salvatore potente». Su questa rassicurazione, il nostro Pastore ci invitava a lottare contro lo sconforto, costretti a casa per arginare il pericolo di contagio.
Un tempo che vuole lasciare il segno della testimonianza della Carità cristiana, come si evince dalle riflessioni sulla Quaresima di Ermes Ronchi in riferimento alla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (1 Cor 11,27): «Perciò chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il Corpo e il Sangue del Signore», un gesto che ci invita a riconoscerci fratelli, facendoci diventare con essi un solo corpo: il Corpo di Cristo che è la Chiesa. Un comportamento di non pochi cristiani di Corinto che partecipavano alla Cena del Signore senza curarsi dei più deboli e dei più fragili; ecco il non riconoscere il Corpo del Signore di cui ci parla San Paolo. Un tempo quindi, in cui la Chiesa ci chiama ad essere testimoni di opere concrete, come ci esorta il nostro Vescovo monsignor Domenico Mogavero nell’omelia del cinque maggio scorso, laddove commenta un passo del Vangelo di Giovanni: «Le nostre opere testimoniano la nostra appartenenza? Non sono un discepolo del Signore perché degli eventi di grazia hanno segnato la mia condizione, ma perché la mia vita dice perfetta corrispondenza e coerenza con ciò che l’ha segnata».
Un tempo sicuramente di conversione a cui Dio chiama il suo popolo: «Un popolo dal cuore di pietra e un Dio dal cuore di Padre, dove questi ha la peggio e non ha alcuna remora ad ammetterlo», sono le parole del nostro Vescovo, il 27 marzo scorso, nell’ambito dell’itinerario della Lectio divina, in riferimento all’undicesimo capitolo del libro del profeta Osea: «Sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira» (Os 11,9). In quella Lectio monsignor Mogavero ha espresso parole di grande tenerezza e sensibilità paterna, in un tempo in cui per noi credenti si presentava un modo nuovo di vivere la Chiesa. I nostri sacerdoti si sono molto adoperati, sono stati molto presenti nelle comunità, attraverso i social, creando un clima di preghiera, li ringraziamo per la loro presenza costante. In occasione dell’Atto di Affidamento della città di Marsala alla Madonna della Cava il 20 marzo scorso, in piena emergenza sanitaria il vescovo riferendosi a loro afferma: «Sono presenze diventate quasi invisibili non per scelta, ma perché costretti dalla realtà: sono i nostri sacerdoti e le persone di vita consacrata ci sono, lo so».
È importante custodire nel cuore l’insegnamento biblico del profeta Osea, attraverso il quale il nostro Vescovo ci ha condotti durante l’itinerario quaresimale. Un Dio che continua ad amare il suo popolo anche quando si allontana dalle sue vie; un Dio che desidera riportarlo a sè; un Dio vinto, ma non sconfitto dalla durezza del cuore dell’uomo. Oggi assistiamo a dinamiche mondiali che provocano grandi disparità sociali; un contesto globalizzato in cui i diritti umani, pur sanciti e riconosciuti dall’uomo, vengono calpestati in ogni angolo della terra: lo scenario è agghiacciante! Non ci sono parole per raccontare dei tanti migranti abbandonati e morti nel Mediterraneo, o dei bambini vittime nei teatri di guerra: volti, sguardi, appelli di aiuto di tante persone che implorano pietà al cuore dell’uomo. Se oggi guardiamo agli sconvolgenti scenari geopolitici, alla crisi economica, allo sfruttamento insensato delle risorse naturali, al non riconoscimento pieno della inalienabile dignità di ogni essere umano, credo che l’immagine del Dio amore del profeta Osea sia un’analogia adatta a farci comprendere questo tempo: il Dio amore continua ad essere vinto, ma non sconfitto, ancora oggi, dalla durezza dei nostri cuori, in ogni atteggiamento di discriminazione, strumentalizzazione, esclusione, indifferenza nei confronti del prossimo.
Non possiamo tirarci indietro alla richiesta di corresponsabilità a cui il Signore ci chiama oggi. Noi cristiani, così come ha suggerito il nostro Vescovo, il 15 giugno scorso, alla presentazione degli Orientamenti Pastorali del Piano 2020-2021, siamo chiamati a dare una lettura e a cogliere i messaggi che Dio ci sta inviando, per saper vivere una progettualità pastorale in cui «niente sarà come prima». Occorre una «reimpostazione della vita e l’apertura di spazi nuovi» (come ci esorta Papa Francesco), nella logica del servizio e nello stile della Chiesa del grembiule (immagine tanto cara a don Tonino Bello).
Una Chiesa povera e serva, vicina ad ogni necessità umana, in grado di aprirsi con coraggio alle sfide della giustizia, della pace, della fame e dello sviluppo economico. Una scelta ardua e sovversiva, così come don Tonino Bello osava chiamare la scelta dei cristiani che decidono di seguire il Vangelo; uno stile di vita spesso non omologabile alla mentalità corrente: «Diventate la coscienza critica del mondo, diventate sovversivi. Non fidatevi dei cristiani che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani autentici sovversivi come San Francesco». Che il nostro apostolato incida la crosta dell’indifferenza, dell’egoismo, dell’ingiustizia, lasciando nel cuore e nella mente di molti il segno del deserto che fiorisce.
Rossella Leone
Corresponsabile Caritas Unità Pastorale Campobello di Mazara