[LA RIFLESSIONE] Il terribile sentimento dell’orrore a casa nostra

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Che colore ha l’orrore? Qual’è la sua voce? Dove nasce? Come cresce e soprattutto come si manifesta? È facile credere che l’orrore sia un concetto lontano, diverso dalla nostra quotidianità. Che sia opera di mostri riconoscibili, cresciuti in contesti brutali, senza istruzione, nè diritti civili. Ma queste nostre convinzioni dabbene si schiantano al punto da finire in frantumi quando l’orrore si consuma a casa nostra, nella nostra Marsala, città del vino baciata dal mare e dotata di paesaggi incantevoli. Le nostre convinzioni vanno a farsi benedire e ci sentiamo, tutti, come se mancasse, d’un tratto, la terra sotto ai nostri piedi. Eppure non è la prima volta che qui si manifesta l’orrore: è già accaduto nel 1971.

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Un “mostro” ha rapito tre bambine, due sono morte di stenti, abbandonate in una cava e un’altra è stata bruciata in una scuola in costruzione. Marsala ancora, a 48 anni di distanza, fa fatica a ricordare, a parlarne. È come se la gente non volesse accettare l’orrore e il tremendo dolore che ne consegue e preferisca piuttosto vivere la propria vita nel silenzio, in una specie di lutto represso. Ma stavolta è stato diverso. Nel tempo dei social, della comunicazione virale, del “siamo sempre connessi”, tutto si fa più veloce e più intenso. L’orrore per quello che è accaduto a Nicoletta Indelicato è stato violento e pervasivo, ha raggiunto tutti e tutti o quasi hanno voluto dire la propria. Alcuni sopraffatti dal dolore, hanno espresso incredulità e vicinanza alla famiglia, ma per lo più è stata manifestata rabbia, indignazione, sdegno lasciando nei profili social dei due presunti aguzzini messaggi iracondi e rabbiosi.

La violenza ha avuto la meglio anche sui social network. Scelgo di non citare i messaggi perchè riportarli anche in questa sede sarebbe contribuire ad amplificare lo tsunami della violenza “concessa”, quella legittimata. Di certo non si possono mettere sullo stesso piano le azioni criminose di chi priva della vita una ragazza di 25 anni colpendola con 12 coltellate per poi darla alle fiamme, con quelle di chi invece augura la morte on line; ma sicuramente entrambi sono segni di un abbrutimento globale, complessivo, che non viene percepito come realmente pericoloso, ma che, invece, probabilmente lascia il segno. Le parole sono pietre. Identificano un mondo e lo costruiscono allo stesso tempo. La legittimazione del male è un pericolo del quale bisogna essere consapevoli.

E nell’epoca del “cattivismo giusto” questo aspetto non può essere trascurato. A oggi non sappiamo esattamente perché Carmelo Bonetta, di 34 anni, reo confesso, abbia brutalmente assassinato Nicoletta Indelicato, nè l’esatto ruolo di Margareta Buffa, di 29 anni, alla guida dell’auto che ha condotto la ragazza 25enne nelle campagne di Fiumara Sant’Onofrio, dove si è consumato l’assassinio che ha il sapore di un tremendo femminicidio e porta in sè echi di vendette personali “per futili motivi”, come spiegato dai carabinieri.  ma in realtà l’unica certezza è che non possano esistere motivi validi per compiere un atto del genere.

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Tra le ipotesi anche l’ombra del satanismo: nei pressi del campo in cui si è consumato il delitto c’è una cappella abbandonata da secoli (forse anticamente dedicata all’eremita Sant’Onofrio) presso cui sono stati trovati lumini “freschi” e uno strano leggio in luogo dell’altarino. Ma neppure l’appartenenza a una setta potrebbe spiegare tale efferatezza. La violenza premeditata o comunque esercitata in questo modo va combattuta con l’attenzione nell’uso delle parole, nella scelta di comportamenti condivisi nel segno del rispetto, nell’attenzione verso i nostri giovani, da una parte per proteggerli dal male, dall’altro per impedire che il male, non percepito, cresca. Così, forse l’orrore si potrà prevenire, anzi, evitare.

Chiara Putaggio per Condividere

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