Il Vangelo della IV Domenica di Quaresima ci mostra il vero volto di Dio Padre attraverso il racconto dell’ultima parte della parabola della misericordia. Il figlio minore, nel suo modo di pensare e di ragionare, rivela l’immagine distolta di un padre che non potrà perdonarlo e che non lo considererà più come figlio. Infatti egli dirà: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati» (Lc 15,17-19).
E invece il padre lo sorprenderà perché appena lo vide da lontano, «ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15,20). E mentre il figlio cerca di giustificarsi, il padre nemmeno lo ascolta perché non gli importa nulla di quello che ha commesso e pensa solo a restituirgli la dignità di figlio attraverso l’abito, l’anello e i sandali e di far festa ammazzando il vitello grasso.
Anche il figlio maggiore svela un’immagine sbagliata del padre nel momento in cui dichiara di aver vissuto un rapporto di sudditanza (servo-padrone). «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso» (Lc 15,29-30). E il padre sorprende pure il primogenito dicendo: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo» (Lc 15,31).
Quante volte ci siamo costruiti, come il figlio minore (e il mio pensiero va verso coloro che sono lontani dal Signore), l’immagine di un Dio che non sempre può perdonarci totalmente perché pensiamo che quel peccato è talmente grave da non meritare il Suo perdono. E invece il nostro Dio è un Padre che non è in grado di sopportare il distacco dei figli, ne soffre terribilmente. Egli per primo si mette a correre, si getta al collo e bacia la sua creatura mostrando così un amore viscerale e misericordioso. Amore che non pretende nessuna spiegazione del male commesso, perché quello che conta è che quel figlio sia ritornato da Lui.
Quante volte ci siamo creati, come il figlio maggiore (e il mio pensiero va verso coloro che ritengono di essere vicini al Signore), l’immagine di un Dio padrone, dove noi non ci siamo mai sentiti figli, ma servi; creando così un rapporto distaccato, formale e freddo. Eppure Dio stesso ci fa riscoprire il rapporto di figliolanza, dove non bisogna provare vergogna o imbarazzo nel chiedergli qualcosa o nello stare davanti a Lui, né di avere timore o la percezione di essere un estraneo, perché il Signore stesso afferma «tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo» (Lc 15,31).
La Quaresima è un tempo che suscita sorpresa e stupore nel riscoprire il vero volto di un Dio che è Padre; che per mezzo del Figlio ci ha amato fino alla fine (Gv 13,1), cioè fino a dare se stesso sulla croce perché fossimo per sempre riconciliati e in pace con Dio e non fossimo più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio (Ef 2,19.).
don Nicola Altaserse per Condividere