L’icona di Gesù nel deserto potrebbe evocare un contesto di sensazioni esotiche, come se egli avesse voluto provare l’irresistibile brivido dell’eccesso. La pagina evangelica di questa prima domenica di Quaresima (Lc 4,1-13) ci presenta, al contrario, Gesù condotto dallo Spirito nel deserto per un’esperienza forte di fragilità, di solitudine assoluta e di bisogno disagevole. Dopo l’umiliazione del battesimo nel Giordano, il deserto è il teatro di una mortificazione ancora più avvilente. Come un organismo fiaccato è facilmente attaccato da qualunque agente debilitante, così il Signore dell’universo, mentre completa la prova estenuante del deserto, subisce l’assalto dell’astuto Maligno. Come ogni tentazione, anche per Gesù le proposte del diavolo sono subdole e accattivanti, almeno all’apparenza; assecondandole avrebbe alleviato un bisogno (la fame) e avrebbe spianato la via al riconoscimento messianico (buttarsi dal tempio). Ma la pretesa di essere adorato smaschera il tentatore, che, comunque, Gesù batte sul tempo, demolendolo con la forza della Parola e avviandosi per la via che porta alla passione, la tentazione ultima a cui sarà sottoposto dal Maligno, come annota la conclusione del racconto.
Di fronte a questa sequenza di situazioni drammatiche non basta l’ascolto contemplante, ma occorre che il credente si immedesimi nel suo Signore per lasciarsi ammaestrare sul modo di affrontare la tentazione per vincerla. Infatti – scrive Sant’Agostino – «in Cristo eri tentato anche tu […] e se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo […] Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere, quando sei tentato».
Domenico, Vescovo