Ripensare il Vangelo, dopo l’incontro a Palermo con Papa Francesco, è un imperativo categorico: non solo si può, ma si deve! Ascoltare sue parole e viverle dentro attraverso una “presenza sentita” e consapevole ha avuto un sapore unico e profondo, quello del rinnovamento della fede. Perché è vero che la fede o si possiede o non si possiede, ma è anche vero che credere è una scelta di vita, quando si è posti di fronte all’aut-aut di kierkegardiana memoria. Il credere è una scelta che va alimentata, proprio come l’amore e attraverso l’amore. La giornata a Palermo, per un credente, non può che avere avuto questo significato, quello cioè di “prendere per dare”, prendere/apprendere dalle parole di San Giovanni apostolo e dalla pagina del suo Vangelo attraverso l’omelia e la presenza di Papa Francesco, presenza spirituale e, nello stesso tempo, terrena, per rinnovare la propria fede intraprendendo un cammino: il cammino del divenire altro.
Forte il messaggio: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto». Se il chicco non muore come chicco e non diviene altro, se non si schiude ed esce fuori di sé, la solitudine e l’egoismo lo caratterizzeranno per sempre. Se invece muore come chicco, lasciandosi alle spalle ciò che era, e si apre agli altri, ha donato la propria vita producendo amore. Questo è l’uomo di fede; è l’uomo che deve scegliere tra egoismo e amore, tra rimanere solo, caduto in terra, sprofondato, o aprirsi all’altro; è l’uomo che deve scegliere tra sconfitta e vittoria.
All’interno di questa dicotomia si gioca la vita del credente e l’omelia di sabato scorso, scuotendo le coscienze in un crescendo rossiniano, ha penetrato nella parte più profonda dell’animo dei presenti. In religioso silenzio, ciascuno è stato posto di fronte al paradosso dell’inconciliabilità: amare Dio e odiare il fratello, amare Dio che non vedi e odiare il fratello che è davanti a te, amare Dio ed essere mafiosi. Dure e impietose le parole del Papa, che da lì ha rivolto il suo pensiero a don Pino Puglisi, nel 25° anniversario di quel giorno in cui veniva trucidato per mano della mafia. A lui interamente dedicata la parte centrale dell’omelia, dove l’uso di termini antitetici hanno continuato a costituire il filo conduttore di un messaggio nel quale il trionfo dell’amore è diventato la vittoria della fede e allora….«uomini di amore» e non «uomini d’onore», «servizio» e non «sopraffazione» in un monito, quello di Papa Francesco, che ha inneggiato al cambiamento e invitato all’azione. Non si può essere cristiani in teoria, non si può attendere che altri facciano per primi, «non aspettare la società, inizia tu!». Dall’esempio di don Pino cogliamo il sorriso di Dio sulle strade del mondo, la vittoria della fede che nasce dal dono di sé all’altro, ogni giorno, senza tregua. Col sorriso padre Puglisi ha costellato gli ultimi istanti della sua vita, testimoniando la luce che portava dentro, quella dell’amore e del servizio, quella stessa luce che Papa Francesco ha voluto accendere e risvegliare in chi lo stava ascoltando mentre diceva a se stesso: «Signore aiutami ad amare!».
Vania Stallone per Condividere