Desidero manifestare il mio pensiero sulla situazione che perdura a Mazara del Vallo da circa sei mesi e che ha dell’incredibile. Mi riferisco alla chiusura del ponte sul fiume Delia. Ciò che mi ha trattenuto dal farlo prima, almeno in maniera eclatante, è stata la speranza che da un giorno all’altro potesse prevalere il buon senso. Allo stato attuale delle cose credo che questo non accadrà. Il buon senso è morto unitamente alla politica che in teoria è l’arte del governo della città. Così ci hanno insegnato i filosofi greci. Adesso che non si sa più né di filosofia, né di storia, né di buon senso umano ma solo di prevaricazione e di arroganza chi ne fa le spese sono i più deboli, coloro che non hanno voce e nulla possono contro un potere arroccato nei suoi palazzi e nascosto dietro i paraventi delle presunte legalità.
Adesso mi chiedo: chi chiederà scusa ai cittadini mazaresi per questo atto ostinato e insensato di esibizione di forza arrogante, impensabile in un Paese che si dice democratico? Democrazia, sempre stando ai greci, significa ascoltare la voce del popolo che è il vero reggitore della “cosa pubblica”. Ma qui il popolo è stato ignorato e disprezzato, in nome di una ragion di stato di cui non si capisce la contorta dinamica. E poi: basterebbe chiedere scusa quando da sei mesi si sta arrecando un danno oggettivo e gravissimo a migliaia di cittadini costretti, nel senso letterale del “co-stringere”, a regimi innaturali di vita, di movimento, di libertà, senza contare l’aggravio economico per le spese di carburante per percorrere il contorto “percorso alternativo” e non meno pericoloso per recarsi in città?
La politica, a tutti i livelli, ha guardato con cinico sussiego a tale assurda ed innaturale situazione, pronunciando il mantra della “pubblica incolumità”. L’altra città, senza diritti, che sta oltre il fiume Arena è stata così condannata a scontare un peccato che non ha mai commesso. Credo che le semplici scuse non basteranno. Si chiede scusa per un atto involontario e transeunte. Qui è all’opera una volontà perversa che persegue un progetto a lunghissima scadenza, senza tenere in minimo conto le sofferenze altrui. Qui c’è una cattiveria determinata che dal punto di vista etico non può essere giustificata; un atteggiamento coercitivo appannaggio delle più bieche dittature. Cristianamente è un peccato mortale, una violenza continuata ai danni del prossimo. Non si è sbarrata la porta di un locale ausiliare di cui si può temporaneamente fare a meno; si è sbarrato l’accesso ad uno spazio vitale, che consente alla gente una vita normale, e si son buttate via le chiavi senza la previsione del ripristino della normalità a breve scadenza. Dopo sei mesi di chiusura si farfugliano ancora date ipotetiche.
Ho seguito con molto interesse la conferenza stampa della scorsa settimana ove hanno relazionato sia l’ing. Casano, progettista del ponte, che l’ing. Giuseppe Salvo, autore di una puntuale e documentata perizia; ambedue hanno attestato, incredibile a udirsi, che il ponte gode di ottima salute. Io non sono un tecnico ma devo dire che la relazione dell’ing. Salvo in particolare, così chiara nella sua articolazione, mi ha convinto dell’assurdità del provvedimento in corso. Pare che la questione si giochi tutta sul campo del “nuovo progetto” che comporta la modifica dell’assetto strutturale del ponte, cui necessariamente si connette una esosa copertura economica. E mentre si discutono queste cose, no solo non c’è un arbitro “super partes” che dichiari chi ha torto e chi ragione, ma nessuno lo invoca, e nessuno alza la voce istituzionalmente, per evitare che perduri ancora lo scandalo della segregazione dei mazaresi che hanno la disgrazia di abitare o avere attività lavorativa a Quarara.
Forse ci siamo talmente abituati ai soprusi delle istituzioni e della pseudopolitica che abbiamo perso ogni forza reattiva. Ci siamo talmente abituati alle chiacchiere di questi referenti che ci siamo dimenticati delle false promesse fatteci in ordine alla vita buona di questa città. Le chiacchiere sull’abolizione della ferrovia e dei passaggi a livello. Ricordiamo? Le chiacchiere sul dragaggio del Mazaro? Le chiacchiere sull’ospedale, declassato e depotenziato? Potrei continuare! Quanto dureranno ancora le bugie sul ponte? Fino a quando si vorrà abusare della nostra pazienza? Sei mesi di bugie e di inerzia costituiscono di per sé reato gravissimo, ma nessuno sembra accorgersene in cabina di regia, nei piani alti della tutela della legalità.
E il ponte è lì, mortificato e privato della sua nobile funzione. E non risulta che i venti violenti e le piogge di questo inverno abbiano buttato giù nulla, che questi benedetti “pendini” si siano mossi o staccati. «E’ mancata la manutenzione ordinaria», ha ribadito l’ing. Salvo, e il progetto che si ha in animo di portare avanti, con una qualche machiavellica intenzione, non ha senso, “è una follia”. Brucerebbe denaro pubblico e tempo vitale. Troppo tempo oltre quello già inutilmente trascorso. Occorre un atto di coraggio che liberi i mazaresi dell’oltre Arena da questa situazione ingiuriosa e lesiva dell’intelligenza; e la Città tutta dal pubblico e universale ludibrio. Uno dal talento letterario di Franz Kafka o Luigi Pirandello potrebbe scriverci una bella novella: Il ponte!
Ci sarebbe bisogno di un uomo forte, una donna forte delle istituzioni che dessero una svolta immediata a questo stallo intollerabile in un paese civile. Dove trovarli? Se non si fa questo la politica locale non potrà dire più nulla senza essere tacciata di mendacio. Nessuna promessa elettorale potrà più essere fatta a questa città da adesso in avanti per scontare l’onta della menzogna. Ci sono ancora persone libere e coraggiose che incarnano lo spirito della politica intesa come servizio alla città, ai cittadini, al prossimo? Ci si lamenta della disaffezione dei cittadini alla politica, ma nessuno si può affezionare a questo tipo di politica che lascia sempre le cose come sono, o, per dirla con Il Gattopardo che di queste cose se ne intendeva, lascia «che tutto cambi perché niente cambi». Ci sarà mai uno scatto d’orgoglio per il riscatto di questa nostra tormentata Sicilia, e di questa bella quanto sfortunata città? Quali ponti di civiltà possiamo costruire sul Mediterraneo se non riusciamo a sistemarne uno che collega le sponde vicine in una stessa citta?
don Leo Di Simone