«Ascoltando le diverse esperienze delle diocesi siciliane è venuta fuori la necessità di coordinare le iniziative gli sforzi per uniformare l’azione della Chiesa siciliana». Lo ha detto monsignor Domenico Mogavero, Vescovo delegato per le migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana, a conclusione della due giorni che si è tenuta sull’isola di Pantelleria. Come si pone la Chiesa nei confronti del fenomeno delle migrazioni? Quali strumenti può mettere in campo affinché non sia solo una sfida ma anche un’opportunità? Su qesti temi ne ha discusso la Commissione “Migrantes” della Conferenza Episcopale Siciliana che, per la prima volta, si è riunita a Pantelleria, ospite della Diocesi di Mazara del Vallo. A convocare la riunione di due giorni proprio sull’isola è stato monsignor Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo e delegato per le migrazioni della C.E.Si..

«Gli immigrati portano la freschezza del Vangelo vissuto nelle loro Chiese madri, che sono tutte giovani Chiese – ha detto padre Sergio Natoli, un’esperienza decennale di missionario alle spalle e oggi assistente ecclesiastico dell’Ufficio per la pastorale dei migranti dell’Arcidiocesi di Palermo – essi non possono essere considerati solo soggetti passivi. Essi sono soggetti attivi, anche attraverso l’incontro inter-culturale, per la costruzione di una civiltà nuova dove le culture non si contrappongono, ma cercano di vivere in armonia nel medesimo territorio. È attraverso il dialogo inter-culturale della vita che i modi di vivere si incontrano, si influenzano vicendevolmente e si trasformano».

I NUMERI – I numeri della migrazione nel mondo sono chiari: Al 31 dicembre 2011 in Italia su 5 milioni di immigrati circa 2,7 milioni sono cristiani, cioè il 53,9%. Di questi, i cattolici sono circa 960.000, cioè il 19,2%. Nel 2012 sono stati registrate 240 milioni di persone in mobilità. Nel 2013 la presenza consolidata degli immigrati è in continuo aumento e in Sicilia ha raggiunto circa 142.000 unità, cioè il 3,1% della popolazione residente. Oggi il fenomeno della comunicazione di massa che avviene attraverso la telematica, pone i differenti territori in un “villaggio globale”.

«In questo nuovo dinamismo dato dalla mobilità s’impone una nuova e particolare attenzione alle Chiese orientali ed anche alle altre religioni attraverso il dialogo interreligioso – ha ribadito ancora padre Natoli – la presenza dei migranti nel medesimo territorio, allora, è una opportunità perché ogni Chiesa locale viva anche in comunione con le Chiese locali da cui provengono i differenti cristiani e comunità cristiane. Si realizza così nella Chiesa locale l’unità nella pluralità, cioè quell’unità che non è uniformità, ma armonia nella quale tutte le legittime diversità sono assunte nella comune tensione unitaria».

LE PROPOSTE – Quali strategie pastorali degli atteggiamenti la Chiesa può mettere in campo nei confronti del mondo dei migranti? Ancora Natoli: «Innanzitutto attraverso il servizio dell’accoglienza e della relazione. Uscire dal tempio per andare a cercare gli ultimi arrivati nella grande comunità cristiana della Chiesa locale. Quest’azione di prossimità da parte dei cristiani autoctoni produce e sminuisce il senso di timore e di inferiorità che i migranti naturalmente hanno verso i nativi e le loro cultura dominante. Può anche accadere, che trovandosi in un nuovo ambiente l’immigrato prenda consapevolezza della propria identità con una intensità mai sperimentata prima». Poi l’impegno per la formazione, sia per il servizio di prossimità che degli stessi immigrati come soggetti attivi per la nuova evangelizzazione.
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Dal nostro inviato a Pantelleria
Max Firreri