Accade spesso di raccontare storie di eroi, quelle che magari si leggono sui libri di storia. Questa è invece la storia di un eroe raccontata dai suoi occhi e dal suo corpo; la storia di un ragazzo arrivato come migliaia di altri giovani con un barcone; proprio così, la storia di un immigrato che a qualcuno potrebbe far storcere il naso. Il suo nome è Solomon, ha 18 anni e la sua non è una storia qualunque. Già il suo nome rimanda al re Salomone e significa pace. È arrivato in Italia attraversando il deserto e il mare con le sue intemperie; ha lasciato il Gambia quando era ancora un adolescente e oggi vive a Mazara del Vallo, dove lavora, studia e frequenta il gruppo giovani di Azione Cattolica.
Lui è un eroe, è cristiano, è un ragazzo speciale, un uomo maturo. Proviene da una famiglia di cattolici, che nel suo paese di origine rappresentano solo una minoranza della popolazione. Nonostante questo, la sua famiglia è sempre stata praticante. Così, da piccolo ha ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana, battesimo, Eucaristia e cresima. Racconta così della sua fede: «Quando ero piccolo non capivo, come tutti i bambini del resto, l’importanza di partecipare alla messa e la domenica mattina era una tragedia svegliarsi, avevo sempre una scusa pronta. Mia madre mi lasciava tutto il giorno digiuno come punizione e mi trascinava in Chiesa per pregare; diceva che era importante. Per non digiunare tutte le domeniche, indossavo i “vestiti della festa”, perché da noi si usa così, e andavo a messa».
E racconta ancora: «Quando iniziai il mio viaggio verso l’Italia, pregavo e parlavo con Dio, sentivo il bisogno di andare a messa e cibarmi di Lui, ma ovviamente non potevo. Mentre ero in mare, un giorno rischiai di sprofondare e andare giù; ma qualcuno, una mano grande, mi prese e mi fece emergere e allora guardai il cielo e ringraziai Dio.
Da allora non smisi più di ringraziarlo ogni giorno, perché se sono ancora qui, dopo il mio lungo e difficile viaggio, è per volontà Sua. Oggi vado a messa tutte le domeniche, con la mia bici, da cui non mi posso separare. È veloce, è la mia Ferrari. Ho messo anche le luci, così la sera è più facile vedermi, visto che sono tanto nero e che al buio non mi si vede se non sorrido; di bianco, infatti, ho solo i denti. Frequento anche il gruppo giovani di Azione Cattolica della mia parrocchia, la Madonna del Paradiso; siamo ormai un gruppo di amici. Mi trovo bene qui a Mazara del Vallo; mi piace la Sicilia e la sua cucina. Adoro la pasta al forno e le farfallette alla carbonara e la cassata siciliana è il mio dolce preferito».
Solomon è una testimonianza di vita. Lavora tutti i giorni e la sera studia l’italiano. È un geometra e ha tanti progetti per il futuro. Ha un grande senso del rispetto; quando vede due fratelli litigare, oppure il padre con il figlio, dice: «Il mio cuore si è fermato, sta scoppiando. Porta rispetto a tuo padre, è più grande e ha più esperienza ». Un giorno, un ragazzo ateo, ascoltandolo mentre parlava di Dio, lo accusò dicendogli che era assurdo che un ragazzo, proveniente da un paese povero, fosse così sicuro dell’esistenza di Dio. Lui, deciso, lo guardò e gli disse: «Tu pensi di avere tutto perché ogni tuo desiderio è un ordine, ma non ti accorgi di non avere nulla».
Maria Chiara Parisi per Condividere
IL MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE
“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati” è il titolo del Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata del migrante, che si celebra domenica 14 gennaio. «Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si tratta indubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sotto la mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta» scrive il Santo Padre. «Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore. Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno».
Papa Francesco scrive che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare». Papa Francesco spiega che «per ottenere i risultati sperati è indispensabile il contributo della comunità politica e della società civile, ciascuno secondo le responsabilità proprie ». Nel Messaggio si fa riferimento al Vertice delle Nazioni Unite, celebrato a New York il 19 settembre 2016, dove i leadersmondiali hanno chiaramente espresso la loro volontà di prodigarsi a favore dei migranti e dei rifugiati per salvare le loro vite e proteggere i loro diritti, condividendo tale responsabilità a livello globale.