[LA STORIA] Suor Elvira: «L’esperienza qui fa parte del telaio della mia vita»

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«Ciao suor Elvira, come stai?»…. «Ciao sorella, da quanto tempo….». Quando cammina tra le viuzze della casba, suor Elvira Raparelli, 77 anni, è come se si muovesse in un luogo dove ha sempre abitato. Relazioni con tutti, dai più piccoli agli anziani, dagli italiani agli immigrati, dispensando sempre sorrisi e parole di conforto. Da Mazara del Vallo, dopo 15 anni di permanenza e servizio, suor Elvira, francescana, in questi giorni è andata via, trasferita a Porano, in provincia di Terni, dove si occuperà di altre sorelle bisognose. La sua “esperienza” nella città del Satiro è stata una parentesi di impegno e missione nella sua vita.

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«Il mio primo impatto con la casba è stato di impronta francescana – racconta suor Elvira – mai, prima di allora, ero stata a contatto con gli immigrati tunisini. Da giovane suora avevo fatto la mia esperienza in Bosnia. Ero maestra delle novizie, avevo 35 anni e tra cento suore fui scelta per fare un’esperienza nella Provincia dell’Est del nostro Istituto». Paesi dell’Est Europeo, compresa la Slovenia: «Ricordo che andammo lì per la festa dell’indipendenza e in quel momento era scoppiata la guerra in Bosnia. Dapprima scappammo in Austria, dopo un mese tornai in Bosnia e sono finita in una fraternità vicino i confini con la Croazia. Lì arrivavano i profughi bosniaci che scappavano e venivano rinchiusi in un campo di concentramento. Noi andavamo ogni giorno lì per assisterli ma feci l’esperienza anche in un ospedale psichiatrico».

A Mazara del Vallo suor Elvira è arrivata nel 2007: «Ho immaginato questa città come Assisi – spiega la religiosa – qui rivedevo San Francesco che camminava per queste viuzze dove incontrava il dolore…». Di piccola statura, col sorriso sempre impresso sul viso, in questi 15 anni suor Elvira Raparelli ha sperimentato la vicinanza e il sostegno come missione. «Istintivamente mi sono subito occupata dei poveri e di chi aveva bisogno – racconta – ricordo che aiutai una ragazza tunisina ad andare via perché il papà voleva a tutti i costi farla sposare. Dapprima andò in una nostra comunità a Siracusa poi in un’altra struttura». Suor Elvira ricorda bene le prime attività presso la “Casa Comunità Speranza”: «Quando sono arrivata c’erano 13 bambini, un laboratorio di tappeti con le donne, quasi tutte musulmane. Ma dentro la casba ho vissuto esperienze con persone di tutti i tipi. Ricordo anche il caso di un ragazzo rom che nelle attività di doposcuola era irrequieto. Poi noi suore capimmo che veniva utilizzato per vendere droga. Un giorno arrivò a casa con lividi perché colpito a botte. A quel punto andammo in Comune e coi Servizi sociali ci attivammo per seguirlo. Oggi quel ragazzo di allora sta studiando da OSS e ogni volta che mi vede è una gran festa».

In 15 anni vissuti a Mazara del Vallo suor Elvira non ha mai pensato di andar via. La casa condivisa con le altre tre sorelle a pochi passi dalla casba. E poi la “Casa Comunità Speranza”, il centro gestito dalle Suore francescane e da altri giovani. Suor Elvira ha imparato a conoscere Mazara del Vallo: «È una città bella ma qualche volta pigra – dice la religiosa – alle volte sembra come una signora seduta sulla poltrona che non si muove». Ma la città è simbolo di convivenza: «Il mare ci porta a essere fratelli e la vita è un bel movimento grande con tutti…». Cosa continuare a fare? «Dobbiamo continuare a tessere le fila delle nostre vite», racconta suor Elvira che ha già lasciato Mazara del Vallo tra gli abbracci e il pianto di chi l’ha conosciuta. «I 15 anni qui? Fanno parte del telaio della mia vita, ora farò altro, con lo spirito di servizio che mi ha sempre accompagnato… ».

Max Firreri

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