Il 29 maggio la Montagna Grande a Pantelleria è stata devastata da un incendio, molto probabilmente doloso, sviluppatosi nelle settimane scorse. In tre giorni le fiamme hanno devastato le località di Monastero, Rekale, Balata dei Turchi, Kuddia Attalora. Una stolida guerra contro una natura generosa. Un crimine suggerito da un animo vile e compiuto da mani ancora misteriose per interessi inconfessabili peraltro ipotizzati sul fronte politico a seconda della posizione assunta pro o contro il Parco di Pantelleria appena approvato dalle istituzioni. E non è certo questa la strada per arrivare sollecitamente alla verità. Insieme al verde divorato dal fuoco – e tuttavia destinato a riprendere gli spazi assegnatigli dalla natura – è sparita la fiducia nell’uomo, secolare ricchezza di un ambiente estraneo alle cronache criminali del Paese.
Già ci avevano pensato i sempre più numerosi protagonisti di furti nelle case a minare la serenità dell’isola dalle porte aperte; ora la piccola operosa comunità locale sa di ospitare nel suo seno, nella migliore delle ipotesi, dei piromani sollecitati da un disegno folle, ma molto più probabilmente dei criminali come quelli che tempo fa hanno devastato la cantina Mannino restando impuniti al termine di un’inchiesta senza risultati. Nonostante gli sforzi dell’Arma, come mai impegnata a fronteggiare l’ondata di crimini, cresce la richiesta di dotare l’isola di un forte apparato di sicurezza e investigativo, per evitare che i danni all’ambiente, all’agricoltura, al turismo e alla popolazione siano aggravati dall’impunità dei malviventi.
Italo Cucci per Condividere