A consacrarla l’11 gennaio 1714 fu il Vescovo Bartolomeo Castelli (1695-1730), uomo di grande santità la cui memoria è in benedizione. E fu lo stesso Vescovo Castelli a fissare nel 20 ottobre di quell’anno la festa per la dedicazione. Trecento anni fa esatti come oggi. Il Vescovo Castelli amò la sua Cattedrale che volle adornare perché apparisse a tutti quale segno della santità divina e sposa dello Spirito Santo. Un luogo di bellezza e di preghiera, uno scrigno di tesori dove oggi alle 19 il Vescovo monsignor Domenico Mogavero presiederà la santa messa per l’anniversario della dedicazione.
La cattedrale ha una storia lunga circa mille anni. Sorse in epoca normanna, al posto di una precedente moschea. A volerla nel 1093 fu proprio Ruggero I, per la creazione della diocesi di Mazara [primo Vescovo fu Stefano Ferro di Rouen (1093/1142) parente del Gran Conte]. L’edificio religioso fu anche la concretizzazione di un voto. Questo fu espresso nel 1072 per favorire la vittoria in uno scontro decisivo contro l’armata saracena: sconfitti i musulmani, fu presa la stessa Mazara del Vallo ed espugnata Palermo. Bisognava onorare la promessa. L’altorilievo, raffigura appunto il Gran Conte trionfante (“Amuruso di Cristu e di la Fidi”) e Giovanni I Grifeo che ne protegge le spalle e guida il resto della truppa. L’opera risale al 1584.
L’originale struttura normanna della Cattedrale sopravvive oggi in pochi elementi: nell’abside e nelle mura del transetto. Il Tempio, infatti, fu quasi completamente ricostruito nella seconda metà del XVII secolo ad opera del trapanese Don Pietro Castro e a seguito di una lunga serie di rimaneggiamenti. L’aspetto finale con cui si presenta oggi ai visitatori, è quello di una cattedrale in stile barocco a pianta basilicale e croce latina, con un imponente campanile che domina la facciata esterna dal lato sinistro (per chi guarda).
Tre navate dividono l’interno grazie a due serie di colonne doriche. Molte opere d’arte impreziosiscono il patrimonio del Tempio, compresi tre sarcofagi romani, altri due del ‘500, pregevoli affreschi del pittore Giovanni Giambecchina, un portale marmoreo con le storie di Sant’Egidio, opera dello scultore carrarese, Bartolomeo Berrettaro (1525). Fra le altre opere, una Croce lignea dipinta, realizzata da un anonimo maestro siciliano del XIII secolo che ha sfruttato i due lati della scultura per altrettante raffigurazioni: da un lato l’immagine del Cristo; dall’altro, al centro, l’Agnello Mistico e, sulle braccia della croce, i simboli dei quattro Evangelisti. Infine, il gruppo statuario rappresentante la Trasfigurazione, opera di Antonello Gagini (1535): nella composizione, Gesù sul monte Tabor, accompagnato dai profeti Mosè ed Elia e dai discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni.
(Le foto di questo servizio sono di Max Firreri)