Era l’11 febbraio 1914, quando padre Giacinto Bianchi, sacerdote e missionario concludeva la sua vita terrena. Nato il 15 agosto del 1835 a Villa Pasquali Mantova e Diocesi di Cremona, era il primogenito di una famiglia che dopo di lui si accrescerà di altri dieci figli. I genitori erano modesti contadini e fondavano grandi speranze sul primo figlio maschio, ma le vie del Signore non sempre combaciano con le nostre e Giacinto non solo era di salute fragile, ma sognava di essere sacerdote missionario. Frequenta le scuole primarie e secondare compiendo numerosi chilometri a piedi ogni giorno, ma al Seminario che sognava fin da piccolo, non ci si doveva pensare per le gravi ristrettezze economiche della famiglia. Giacinto pregava, studiava, era ministrante assiduo e faceva piccoli sacrifici di nascosto per dimostrare il suo amore a Gesù e a Maria sua madre. A Dio, però, nulla è impossibile: egli ascolta la risposta di chi chiama e a 17 anni Giacinto entra in Seminario a Cremona con l’aiuto di persone generose e dove si distingue in virtù, servizio e amore allo studio. A soli 23 anni è consacrato sacerdote nel 1858 e inviato dal suo Vescovo a svolgere il primo ministero nei paesini vicino a Villa Pasquali.
Fin da giovane sacerdote passava ore nel confessionale, sapeva leggere e intuire, guidato dallo Spirito, le problematiche delle persone e questo dono l’aiutò ad essere attento specialmente alle più fragili. Ma gli anni del Seminario non gli avevano permesso di rendersi conto dei cambiamenti nel Regno Lombardo Veneto: dell’acuirsi dell’anticlericalismo di massa e delle contrastanti correnti che il clero locale viveva, quindi, spesso agiva d’istinto senza misurare le conseguenze. La triste condizione di vita della gioventù femminile e delle donne diventa subito il suo obiettivo apostolico prioritario e fonda l’Associazione delle Figlie di Maria per le giovani e, a Scandolara, pensa e attua una Casa Lavoro, per le donne sole, esposte agli abusi d’ogni genere e non ricompensate nel lavoro.
Ben presto il risveglio alla fede di molti e il cambio di rotta della gioventù femminile per opera della sua predicazione, non passa inosservato ai numerosi anticlericali del paese che prendono di mira il «pretino moderno» che sembrava non curarsi del veto sulle istituzioni religiose messo dallo Stato laico e giudicano il suo operato un attentato alla libertà delle ragazze. La Casa viene chiusa e lui non trova appoggio neppure nel Vescovo, per cui anticipando una sicura proposta di rimozione da parte sua, coglie l’occasione dei suoi seri problemi di salute e lui stesso chiede di cambiare Diocesi, per un’altra, dove il clima sia favorevole alla sua salute, minata severamente dalla tubercolosi. E va a Genova. Eravamo lontani da ciò che il nostro Vescovo dice nel Piano pastorale parlando del dialogo tra Vescovi e presbiteri come di una “priorità pastorale” e lontanissimi dal pensiero di Papa Francesco che oggi, chiede ai suoi Vescovi di riservare nei loro cuori un posto particolare per i sacerdoti.
Non ci sembra di esagerare, dire che nella sua pastorale in favore della donna, Giacinto, è un “profeta” e ciò che ci chiede come FMM è in linea, oggi con l’invito di Papa Francesco che chiede alle persone consacrate di essere “profezia” nella società. Padre Giacinto ancora giovanissimo e alle prime esperienze, ma solido per la preghiera, non si lascia abbattere e a Genova, trova nel Canonico Frassinetti (oggi venerabile) un amico, un consigliere e un padre. Fa un’esperienza comunitaria molto ricca con gli altri sacerdoti e può dare sfogo al suo zelo apostolico: prega, confessa, predica, ascolta, fa catechismo, lavora con le giovani e inculca in esse l’amore a Maria Immacolata. Può esercitare la sua vocazione missionaria andando a predicare in Svizzera, in Francia e in altre parrocchie d’Italia. Ma resta a Genova fino alla morte del Frassinetti nel 1867. Nel 1868, per la prima volta, si reca in Palestina ove riscatta bimbi schiavi e resta colpito da quel santo luogo che poi diventerà la prima missione per le sue Figlie. Nel 1872 è inviato dal suo Vescovo a Pigna nell’entroterra ligure ai confini con la Francia. Là diventa la guida spirituale delle Figlie di Maria e non solo restaura la bella chiesa e costruisce la Grotta di Lourdes, ma rimonta la fede dei pignaschi che vanno sempre più numerosi a messa e ad ascoltarlo. Le calunnie e le sfide lo rincorrono, ma ormai Giacinto sembra collaudato e trova nel Cristo la sua forza e la fedeltà alla sua vocazione sacerdotale e prosegue nel suo cammino.
Alle Figlie di Maria, padre Giacinto cominciò a chiedere di più: «non dovevano essere solo ottime cristiane, ma anche missionarie, cioè totalmente impegnate e consacrate nella causa di Cristo» e nel 1874 alcune giovani ragazze risposero e iniziarono a vivere assieme per formarsi alla vita comune e poi dietro richiesta di un missionario operante a Betlemme e amico di padre Giacinto, tre di esse partono per la Palestina il 22 agosto 1875 seguite ben presto da altre. Possiamo dire che a Pigna, padre Giacinto dà vita alle Suore Figlie di Maria Missionarie: nome che le distingue dalle Figlie di Maria che restano impegnate a casa loro e in parrocchia. Ma le gioie grandi sfuggono presto dalle mani di Giacinto e dopo 16 anni di presenza e testimonianza missionaria in tre comunità della Palestina, le sorelle missionarie devono rientrare in Italia perché le missioni vengono gestite dai Salesiani che preferiscono lavorare con le loro suore. La strada del ritorno è triste, ma non muore nel Padre e nelle Figlie, l’idea della missione. Saranno chiamate dai Vescovi in molte parrocchie d’Italia ove si occupano dei bambini con scuole materne e della formazione della donne sole e ragazze analfabete e di ceto povero con laboratori di cucito e costruttivi incontri per una sana emancipazione.
La povertà di mezzi per aiutare la sue Figlie affaticano il Padre, già tanto malato quanto incurante della sua salute. Va a predicare ovunque lo chiamano e quando le distanze lo permettono si sposta a piedi per risparmiare e vive poveramente; e nel dicembre del 1913, sentendosi vicino alla morte, affida l’opera al Vescovo di Reggio Emilia monsignor Brettoni. Una profezia? L’11 febbraio 1914 padre Giacinto va a ricevere il premio dei giusti. Il seme caduto in terra, se muore, porta frutti e dopo l’approvazione si aprono alle FMM le vie alla missione ad gentes: Brasile. Ecuador, Costa d’avorio e Repubblica Centroafricana. Attualmente accusiamo un calo di vocazioni specialmente in Italia, ma, ovunque e dove è possibile, il nostro sguardo va alla donna e alla gioventù che a 150 anni dalla vita attiva di padre Giacinto incontrano ancora difficoltà e sfide diverse, ma non minori.
Rimangono luoghi prioritari di missione e testimonianza: la famiglia, l’adolescenza e il mondo giovanile, poiché, come dice ancora il nostro Vescovo «…la distanza e lo scollamento fra le generazioni rende quasi impossibile la trasmissione di modelli, di tradizioni, di saperi». Noi con la Chiesa crediamo che Dio ascolta e vede il nostro oggi qui e in terra di missione dove ancora adesso le sorelle lottano per gli stessi scopi, affrontando guerre come quella in corso nella Repubblica Centroafricana, dove le missioni son diventate da mesi rifugio di migliaia di profughi con un numero stragrande di donne violentate e bambini orfani della violenza. Crediamo che Lui vuole darci una mano e invochiamo l’intercessione di padre Giacinto.
Suor Ida delle Figlie di Maria Missionarie