[LO SPECIALE/5] Habemus Papam. Il racconto: «Io, don Davide Chirco, in quella piazza gremita a San Pietro»

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Sono le 17.15 di un freddo pomeriggio di marzo. La pioggia su Roma è battente. Termino le mie ultime ore di lezione all’Università Gregoriana e con alcuni colleghi, insieme ad un nostro docente gesuita, ci rechiamo immediatamente in piazza san Pietro che, nel frattempo, si è già riempita di gente. Con determinazione ci facciamo strada verso le prime file e ci posizioniamo proprio dinanzi alla Loggia centrale, dove riusciamo anche a vedere molto bene il comignolo sulla Cappella Sistina. Iniziamo ad attendere e il tempo sembra trascorrere molto lentamente: il terzo scrutinio della giornata non ha dato nessun risultato, dal momento che alle 17.45 non c’è stata nessuna fumata bianca. L’attesa per l’ultimo scrutinio diventa sempre più tesa, soprattutto perché si inizia a sospettare che neanche oggi, probabilmente, sarà eletto il Papa. Intanto la pioggia aumenta d’intensità, i tanti ombrelli aperti danno un certo fastidio reciproco nei movimenti e alcuni iniziano anche ad andare via.

Don Davide Chirco.
Don Davide Chirco.

Tra la folla si prega il Rosario, si intonano canti religiosi, si invoca lo Spirito Santo, mentre i maxi schermi fanno vedere come anche la via della Conciliazione inizia a riempirsi di gente. «Davvero la Chiesa è viva», ho pensato tra me e me riportando alla mente le ultime parole di Benedetto XVI nella sua ultima Udienza Generale. Quella gente che accorreva in quantità, infatti, non era una massa di curiosi: era realmente la Chiesa che attendeva il proprio Pastore! Ad un certo punto si alza una voce: «È bianca! È bianca!». Spiegare quello che è successo dopo è qualcosa di estremamente complicato, dal momento che l’emozione ha preso totalmente il sopravvento e un boato di gioia e di esultanza ha scaldato tutta la piazza. «Chiudete gli ombrelli!», inizia a gridare la gente. Nonostante la pioggia fosse ancora molto intensa tutti chiudiamo gli ombrelli: l’entusiasmo è davvero incontenibile, le campane della basilica iniziano a suonare a festa mentre le guardie svizzere e alcuni membri delle Forze Armate Italiane si appostano davanti alla Loggia centrale, marciando insieme alle rispettive bande musicali.

 

La folla in piazza San Pietro.
La folla in piazza San Pietro.

Improvvisamente smette di piovere e tutti iniziano a sventolare le proprie bandiere e a mostrare i propri striscioni, mentre ci si chiede: «chi sarà?». Alle ore 20 si accendono le luci, si aprono le porte e sul balcone spunta la figura esile del Cardinale Protodiacono che, visibilmente emozionato, pronuncia le fatidiche parole«Habemus papam!». Al nome «Georgium Marium» tutti restiamo sconvolti. Non dimenticherò mai i visi delle persone che si guardavano reciprocamente con aria interrogativa, come a dire: «e chi è questo?». Quando sentiamo: «cardinalem Bergoglio», la prima reazione è stata di una sorpresa indicibile. La gente ha iniziato ad esultare senza neanche sapere di chi si trattasse; alcuni ci hanno chiesto se lo conoscessimo: «è il cardinale arcivescovo di Buenos Aires! Un gesuita!», iniziamo a dire. Il mio professore della Gregoriana, gesuita anche lui, perde la sua consueta compostezza e inizia a gridare: «E’ un mio fratello! E’ un mio fratello! Non ci posso credere! Il primo Papa gesuita!».

Ma la sorpresa più bella è stato il nome scelto: Francesco! Nessun Papa aveva mai scelto questo nome. L’innovazione è radicale e il nome Francesco, che si rifà al poverello d’Assisi e al missionario gesuita san Francesco Saverio, è tutto un programma per la Chiesa. Quando ad un tratto vediamo spuntare il Pontefice, vestito in talare bianca semplice, fermo nella sua posizione, emozionato in volto ma estremamente sereno, la folla inizia a gridare con gioia il suo nome. Dopo un po’ inizia a pronunciare le prime parole: «Fratelli e sorelle…»; subentrano pochi istanti di silenzio, quasi come se in quel momento avesse voluto ricordare il discorso che probabilmente si era preparato; ad un tratto la sua voce tesa si scioglie e con un sorriso rivolge un cordiale saluto che rimarrà nella storia: «buonasera!»: parole amichevoli, cortesi e semplici.

La folla e la Basilica di San Pietro.
La folla e la Basilica di San Pietro.

Tutti siamo ancora sbigottiti, nessuno si aspettava un Papa sudamericano, di origini italiane, soprattutto perché non rientrava nelle liste dei papabili che per giorni e giorni i mezzi di comunicazione avevano prospettato; talvolta è proprio vero che i pensieri di Dio non corrispondono ai nostri pensieri (cfr Is 55,8)! Il ricordo affettuoso fatto al Papa emerito Benedetto XVI, la preghiera per lui, l’attenzione pastorale rivolta alla Diocesi di Roma sono stati i punti salienti del suo breve discorso. Ma il gesto più inaspettato è stato il momento in cui ha chiesto a tutti quanti di pregare il Signore per la sua persona e, chinando il capo, ha accolto la benedizione divina che tutti hanno invocato su di Lui. Solo successivamente, Papa Francesco ha impartito la solenne benedizione Urbi et Orbi, ha ringraziato per l’accoglienza e  ancora una volta come un vero e proprio amico fraterno, ha augurato la buonanotte a tutti dicendoci: «Ci vediamo presto!». Dopo quelle parole, felicità, commozione e sorpresa hanno lasciato il posto ad una gioia più composta e risoluta: Pietro ha «confermato i suoi fratelli» (cfr Lc 22,32). Ne siamo convinti: dalla profonda umiltà del gesto di Benedetto XVI e dall’elezione di Papa Francesco, la Chiesa imparerà molto!

don Davide Chirco

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