Nei giorni scorsi è stato diramato un documento di “vicinanza” del Consiglio presbiterale al Vescovo, dopo l’attenzione rivolta da alcuni organi di informazione proprio a questa Chiesa locale e al suo Pastore. La scelta dei presbiteri, al termine di quel Consiglio, è stata quella di stringersi attorno al proprio Pastore in una Veglia di preghiera che si è celebrata giovedì 10 luglio alle ore 21. Quest’ultimo momento è stato celebrato nella Cattedrale Ss. Salvatore di Mazara del Vallo, durante il quale il Vescovo ha letto l’Omelia, mettendo al centro della meditazione la Beata Vergine Maria, la Madonna del Paradiso che in queste settimane si sta festeggiando. Qui di seguito (in corsivo) riportiamo il testo integrale dell’Omelia.
La mia parola questa sera si fa ascolto di quanto le Sante Scritture hanno dettato al nostro spirito, mettendo al centro della nostra meditazione la Beata Vergine Maria, la cui immagine – che veneriamo sotto il titolo di Madonna del Paradiso – è custodita in questi giorni nella nostra Chiesa Cattedrale. Questo luogo sacro – che ci raccoglie nelle grandi liturgie diocesane per manifestare visibilmente la comunione che è dono della Santa Trinità e che ci lega gli uni gli altri quali membra dell’unico Corpo di Cristo – ci vede riuniti per pregare per la nostra Chiesa che attraversa un momento di grande afflizione e di tormentosa amarezza.
In questa celebrazione della Parola, ispirata alla Madre di Dio nel tempo che la comunità mazarese vive come particolare legame di fede, d’amore e di devozione alla Beata Vergine Maria, venerata sotto il titolo di Madonna del Paradiso, la nostra assemblea orante si rivolge all’icone della Vergine Odigitria che confronta con il suo Dio le vicende quotidiane che vive, immersa nel mistero di grazia che la avvolge e la coinvolge. A Maria, donna sapiente che custodisce ogni cosa, meditandola nel suo cuore (cfr Lc 2,19), chiediamo di aiutarci a capire, di mostrarci la via da percorrere e di sostenerci nel cammino. Custodire e meditare questa sera per noi significa guardare nella luce di Dio quanto la nostra Chiesa è stata costretta a subire nelle scorse settimane e continua a sperimentare, allorché è stata fatta oggetto di attenzioni non proprie disinteressate, provocate da qualche suo figlio, spinto certamente non da amore creativo e oblativo, ma da altre ragioni che al momento non ci è dato di conoscere e di valutare. Ma tutto questo è solo l’antefatto, che ha determinato, da un lato, afflizione e smarrimento, dall’altro accettazione di una prova purificatrice e manifestazioni di fraterna e cordiale vicinanza.
La nostra Chiesa perdona, ma attende verità, pentimento e conversione. Ripeto, la nostra Chiesa perdona, ma attende verità, pentimento e conversione. “Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!” (Mc 4,9). Nel piano di Dio tutto è grazia e, di conseguenza, dobbiamo guardare avanti e in alto senza lasciarci sopraffare da logiche corrosive che non ci appartengono. Non ci può fermare la sconsiderata contorsione mentale dei seminatori di veleni, né il cuore pietrificato di chi non riesce a guardare oltre la propria meschinità. Ribadisco fermamente in questa sede che la comunione ecclesiale rimane il valore grande ed essenziale che dice adesione a Cristo, Pastore bello e buono, e vincolo di amore fraterno nel presbiterio, nelle comunità parrocchiali, negli istituti di vita consacrata, nelle aggregazioni ecclesiali. Ricordo, altresì, che la comunione non è un sentimento emozionale da svendere a convenienza, ma riflesso della vita trinitaria, manifestato attraverso segni concreti ed efficaci. Per chi vuole stare dalla parte della verità nella comunità diocesana comunione significa radicalmente comunione con il vescovo. San Cipriano, vescovo di Cartagine e martire, così scrive: “Devi sapere che il vescovo è nella Chiesa e la Chiesa è nel vescovo; se qualcuno non è con il vescovo non è nella Chiesa”. E la costituzione dogmatica sulla Chiesa del Vaticano II aggiunge come logica deduzione: “Quindi, nella persona dei vescovi, assistiti dai sacerdoti, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, pontefice sommo” (LG 21). Ognuno saprà trarre le opportune conseguenze nel valutare gesti ed effetti.
In ogni caso, nessuno potrà più nascondersi dietro paraventi di comodo, contrabbandando il proprio interesse o il proprio quieto vivere per implicita comunione ecclesiale. Ciascun fedele, pertanto, dovrà manifestare segni e comportamenti coerenti con tale comunione. Ai presbiteri, in particolare, sarà chiesto di dare concreta e coerente attuazione all’impegno solenne consegnato al vescovo ordinante allorché, mani nelle mani, promisero “filiale rispetto e obbedienza”. In caso contrario, bisognerà concludere che quel giorno hanno mentito a Dio e alla Chiesa. Il brano del libro dell’Apocalisse ci ha rincuorato, riproponendoci la lotta titanica tra la donna e il drago e la guerra che a questi muovono gli angeli. L’esito del conflitto schiaccerà il drago, ma chiederà un prezzo pesante da pagare. È l’eterna lotta del male contro il bene nella quale può accadere che la potenza malefica sembri poter prevalere; ma si tratta di sensazioni illusorie perché “il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata” (Ap 12,9), immagine abietta delle trame oscure e aggressive del peccato, finirà il suo percorso sprofondato nel baratro, lui “l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte” (Ap 12,10).
Occorrerà saper attendere, portando la croce ogni giorno, nella certezza che la parola ultima non ha il sapore amaro della sconfitta, ma il gusto forte e luminoso della sequela e della risurrezione, frutto dell’obbedienza al comando d’amore del Maestro. “Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi»” (Gv 21,17-19).
Ci rassicura la testimonianza di Sant’Agostino: “Se io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo. Questo è il nostro vanto: la testimonianza della coscienza (cfr 2Cor 1,12). Vi sono uomini avventati, detrattori, delatori, mormoratori, che cercano di congetturare quello che non vedono e si adoperano perfino a diffondere quello che neppure sono in grado di sospettare. Contro costoro che cosa resta, se non la testimonianza della nostra coscienza?”. Abbiamo riascoltato la Tuttasanta nell’inno degli ultimi, dei piccoli, dei poveri di Jahwé e vogliamo concludere gustando la sua gioia. Ella non somiglia agli autosufficienti che nel loro cuore pagano soffocano ogni anelito di bene e di pace. Ella mediante la fede ha generato prima nel suo cuore il Figlio Dio al quale ha donato la nostra carne mortale. E da quel cuore umano-divino canta e comunica la beatitudine di chi ha creduto nella parola e la gioia di chi si dona nel servizio. Alla Madre di Dio, beata e benedetta tra tutte le donne, questa sera affidiamo la nostra Chiesa e a Lei chiediamo di volgere ancora una volta su di noi il suo sguardo benigno e misericordioso.
Kara Eccellenza,in Gesu’ e con Gesu’ Le dico : vada avanti…ogni giorno con Amore pasiente e misericordioso come ci insegna la ns Mamma celeste!che Dio la benedica e la ns Mammina la protegga sempre. Grazie.