[RIFLESSIONE] In cammino verso la Pasqua/6: Gesù a Gerusalemme, in trionfo verso la Passione

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Oggi la Chiesa celebra la commemorazione dell’ingresso del Signore a Gerusalemme. Il Vangelo ci dice che Gesù entra nella Città santa seduto sul puledro di un’asina, dando così compimento alle parole del profeta Zaccaria: «Ecco, a te viene il tuo re, Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina» (Zc 9,9). In tal modo, Gesù si presenta come «principe della pace» (Is 9,5c) adempiendo la seconda parte della profezia: «farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni» (Zc 9,10).

La gente lo inneggia come re perché ripone in Lui tutte le sue speranze riguardo al Messia tanto atteso che come guerriero valoroso è giunto, finalmente, per restaurare il regno davidico e sottomettere tutti i popoli. Infatti, la folla stendeva «i propri mantelli sulla strada» (Mc 11,8) come segno di sottomissione al proprio sovrano (cfr 2Re 9,13 elezione di Ieu, re d’Israele), poiché il mantello simboleggia biblicamente la vita (cfr Es 22,26). Questa gente che grida: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mc 11,9c-10), sarà la stessa che poi griderà: «Crocifiggilo» (Mc 15,13) perché Gesù non rispetterà i parametri di quel Messia potente, combattente e trionfante che tanto attendevano.

Gerusalemme vista dal monte degli Ulivi.

Anche noi facciamo memoria di questo evento della vita di Gesù imitando, come ci invita la liturgia odierna, le folle con palme e ramoscelli di ulivo e acclamando “Osanna nell’alto dei cieli”. Ognuno è chiamato simbolicamente a gettare il proprio mantello davanti al Signore che passa seduto sul quel puledro d’asina, non come segno di sottomissione, di sudditanza, ma come libera offerta della propria vita a Dio, come professione di fede riconoscendo che Lui è il Signore della nostra vita, Lui è il nostro Re che è venuto nel mondo per liberarci dalla schiavitù del peccato e renderci partecipi del Suo disegno di salvezza.

Inneggiamo festosi con il ramoscello di ulivo perché possiamo essere «operatori di pace» (cfr Mt 5,9), rinnovando così la nostra figliolanza battesimale a Colui che è Datore della pace; ostentiamo gioiosi la palma che stringiamo tra le mani perché possiamo come discepoli essere associati alla sua passione-risurrezione e al termine del nostro pellegrinaggio terreno sentirci rivolte queste splendide parole: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo» (Mt 25,34).

Betlemme, Basilica della Natività.

 

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