[VERSO LA PASQUA/4] La Messa in Coena Domini: il gesto liturgico della lavanda dei piedi

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L’espressione Triduo pasquale entra nel vocabolario liturgico moderno solo nel 1930. Fu il cardinale Ildefonso Schuster, Arcivescovo di Milano, a ripescarla tra le fonti antiche dei suoi studi liturgici. Fu ratificata ufficialmente nel 1969 con il rinnovamento delle norme per l’Anno liturgico. Nonostante sant’Ambrogio e sant’Agostino parlassero di un Triduum sacrum nella Chiesa antica, si assistette allo smembramento dell’unità misterica della Pasqua. Il Triduo consisteva nella distinzione cronologica tra il venerdì giorno della morte del Signore, il sabato del riposo nel sepolcro e la domenica della Risurrezione.

A Roma nel IV secolo non si parlava ancora di una Messa in Coena Domini nonostante Egeria racconti di aver assistito a Gerusalemme a una messa celebrata verso sera nella basilica della Santa Croce al Calvario, in memoria dell’istituzione eucaristica. Da questo indizio si giustifica l’elaborazione dell’antifona di ingresso dell’attuale Messa in Coena Domini:

In te la nostra gloria o Croce del Signore.
Per te salvezza e vita nel sangue redentore.
La Croce di Cristo è nostra gloria, salvezza e risurrezione.

Gerusalemme: Il Cenacolo.

Bisognerà attendere il VII secolo per la menzione, a Roma, di una messa vespertina della Cena celebrata dai presbiteri nelle loro chiese. Il Papa, come s’è detto, la celebrava al mattino, in Laterano, e vi inseriva la benedizione del crisma. C’era poi un rito aliturgico che è entrato nella liturgia: tornato nel suo palazzo il Papa lavava i piedi ai suoi servitori e tutti i chierici erano invitati a fare altrettanto nella propria casa. Il gesto della lavanda dei piedi aveva dunque un carattere morale o spirituale ma non ne aveva uno liturgico. Nei monasteri benedettini era compiuto abitualmente dagli abati nei confronti dei loro monaci come gesto di umiltà e di servizio, a imitazione di quello compiuto da Cristo. Aveva inoltre un significato caritativo in quanto il Papa, in quel giorno, adempiva un secondo “mandato” dopo pranzo: lavava i piedi anche a dodici poveri che ogni giorno pranzavano in una stanza del palazzo pontificio.

Gesù lava i piedi a Pietro.

Gli sviluppi medievali della liturgia romana, che fu molto contagiata dai riti gallicani che avevano una forte inclinazione alla drammatizzazione, furono tali che la lavanda dei piedi entrò a far parte a pieno titolo della liturgia vespertina del Giovedì santo e fu accompagnata da antifone e canti tra i quali spiccò l’Ubi caritas et amor che di fatto è canto proprio della Messa in Coena Domini ed è attualmente consigliato per la presentazione dei doni. La carità nei confronti dei poveri infatti scaturisce da quel gesto straordinario di Cristo che non siamo chiamati a ripetere teatralmente ma con gesti di solidarietà concreta che i riti offertoriali simbolizzano: presentazione di pane e vino per il sacrificio e offerte per i poveri.

La riforma del Messale e dell’Anno liturgico voluta dal Vaticano II pone questa messa in apertura della celebrazione della “beata passione”, ristabilendo così l’unitarietà del Triduo pasquale. Questo si costituisce nei termini cronologici dei “tre giorni” in cui il mistero della redenzione si è attuato e la Messa in Coena Domini ne costituisce il proemio, il momento sacramentale e rituale, ossia ne attua e ne perpetua la presenza e l’efficacia in tutti i tempi. Nel rito della Cena, che Gesù ci ha comandato di celebrare in sua memoria, egli ci ha dato il suo sacrificio pasquale. La Chiesa per volontà di Cristo ripete la Cena per perpetuare la sua Pasqua.

Gerusalemme: Ingresso al Getsemani.

Il rilievo eccessivo dato all’istituzione dell’Eucaristia il Giovedì santo ha distratto l’attenzione dal vero culmine della Pasqua che è costituito dall’Eucaristia celebrata nella Veglia. Anche l’enfasi eccessiva data alla reposizione eucaristica e alla successiva “adorazione”, con riti sviluppatisi tra il XIII e il XV secolo, hanno offuscato la focalità sacramentale del rito eucaristico “memoriale” della Pasqua del Signore. Bisogna ricordare che il Medioevo ha solennizzato l’esecuzione di gesti pratici come la reposizione del pane eucaristico avanzato o la spoliazione degli altari. Ma nella Chiesa antica non c’erano tabernacoli nell’aula liturgica e la tovaglia si poneva sull’altare al momento della celebrazione della Cena, recitando anche una apposita orazione super sindonem. La ritualità del Giovedì santo sera ci vuole riportare all’originario, almeno per poche ore, e non altro.

Gerusalemme: il Giardino degli ulivi.

Semmai la Messa in Coena Domini pone una questione fondamentale: ogni comunità è sotto giudizio dell’Eucaristia che celebra. Il Signore Gesù nell’ultima Cena ha compiuto una di quelle azioni profetiche, tipiche della Bibbia, con la quale ha annunciato, ha reso presente anticipandola in modo misterioso, esistenziale e reale, la sua morte cruenta sulla Croce. Il rito che ha istituito ha pertanto un valore conviviale e sacrificale, dinamico, animato dall’amore oblativo essenzialmente trinitario che ha come sbocco necessario la Risurrezione. La celebrazione della Cena del Signore è l’incontro più forte della comunità credente col Risorto e con i fratelli nello stesso amore trinitario. Questo il valore più grande della Messa in Coena Domini! L’indicazione rubricale che essa non può essere celebrata senza concorso di popolo dice implicitamente il valore irrinunciabile dell’essere “suo corpo”, sua reale presenza nel mondo che attualizza il sacramento dell’amore trinitario di Dio che si è manifestato in pienezza irreversibile nella Pasqua di Cristo, nel richiamare alla vita il corpo del Crocifisso.

Ed è di questo corpo ecclesiale che parla Paolo quando dice: “Colui che mangia e beve, senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1Cor 11,20). Una comunità, che oggi vive – come quella di Corinto – con espressioni e con strutture ispirate agli egoismi di questo mondo, non può celebrare con coerenza la Cena del Signore.

don Leo Di Simone per Condividere

LEGGI QUI LA PRIMA RIFLESSIONE [VERSO LA PASQUA/1]

LEGGI QUI LA SECONDA RIFLESSIONE [VERSO LA PASQUA/2]

LEGGI QUI LA TERZA RIFLESSIONE [VERSO LA PASQUA/3]

 

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