Antichissima è l’istituzione della solennità del Corpus Domini; risale infatti al 1247, per iniziativa della Diocesi di Liegi, in Belgio, in reazione alle tesi (poi ritrattate) di Berengario di Tours, che considerava non reale ma simbolica la presenza del Signore nel Pane e nel Vino della celebrazione eucaristica. Il Papa Urbano IV poi, nel 1264, consolidò la solennità estendendola in tutta la Chiesa. Nella Bolla Pontificia “Transiturus de hoc mundo” se ne spiegano le motivazioni: «Sebbene l’Eucaristia ogni giorno venga solennemente celebrata, riteniamo giusto che, almeno una volta l’anno, se ne faccia più onorata e solenne memoria. Le altre cose infatti, di cui facciamo memoria, noi le affermiamo con lo spirito e con la mente, ma non otteniamo per questo la loro presenza. Invece, in questa sacramentale commemorazione del Cristo, anche se sotto altra forma, Gesù Cristo è presente con noi nella propria sostanza. Mentre stava infatti per ascendere al cielo disse: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28,20)”». Già in queste parole risulta evidente la relazione tra Eucaristia adorata ed Eucaristia celebrata. La presenza reale del Signore nel segno del Pane e del Vino attinge infatti al Banchetto Pasquale, nel quale la comunità ecclesiale solennemente dichiara: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». Niente di più lontano allora dalla “cosificazione” del segno sacramentale del Pane e del Vino, o – purtroppo – del solo Pane, custodito nel tabernacolo ovvero portato in processione. Quel Pane è comunemente chiama “ostia”: è un appellativo profondo se si comprende che il termine, nell’originale latino “hostia”, ha il significato di “vittima”, e dunque si riferisce alla dimensione sacrificale della celebrazione eucaristica.
È la morte salvifica del Cristo e la sua risurrezione, fonte di vita per l’uomo, che viene dunque adorata; è la comunione che da essa scaturisce, e che si fa cibo per i credenti, che viene condotta per le strade del mondo, a testimonianza della comunione di fede che, nello Spirito, costituisce il fondamento della Chiesa, comunità dei battezzati i quali, pur nella fatica della propria fragilità umana, percorrono le “vie” della fedeltà al Vangelo. Quel Pane e quel Vino è dunque il Corpo e il Sangue del Cristo vivo. E se è vero che, per ogni persona umana, la relazione concreta con il mondo si stabilisce attraverso il corpo, ciò è vero anche per il Cristo. Il suo è però un corpo “glorioso”, che stabilisce con gli uomini un rapporto del tutto nuovo: non si può comprendere perciò la presenza eucaristica del Signore partendo dalla realtà terrena della corporeità; si può percepirla solamente a partire dalla Risurrezione, che rende “nuovo” l’uomo salvato e lo conduce verso la pienezza “escatologica” quando, nell’abbraccio del Padre, l’intero universo sarà reso “nuovo”.
In questa logica, la solennità del Corpus Domini si arricchirà, quest’anno, di un evento prezioso: in tutte le Cattedrali si terrà una solenne adorazione eucaristica, in comunione con Francesco, Vescovo di Roma, e come segno di comunione tra tutte le comunità ecclesiali del mondo. Ciò allo scopo di vivificare il senso vero dell’adorazione e di vigilare sulla tentazione di adagiarsi in abitudini devianti e ingannevoli. Pregheremo insieme, secondo le intenzioni del Papa, per «una Chiesa senza macchia né ruga», per «quanti nelle diverse parti del mondo vivono la sofferenza di nuove schiavitù e sono vittime delle guerre, della tratta delle persone, del narcotraffico e del lavoro schiavo, per i bambini e le donne che subiscono ogni forma di violenza». E, ancora, per coloro «che si trovano nella precarietà economica, soprattutto i disoccupati, gli anziani, gli immigrati, i senzatetto, i carcerati e quanti sperimentano l’emarginazione».
Erina Ferlito
DOVE LA CELEBRAZIONE COL VESCOVO