[DENTRO LA QUARESIMA/4] Leggere il tempo presente a occhi aperti

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La domenica quarta di Quaresima ha una luminosità e un colore particolari perché vuole aprire uno spiraglio sulla gioia della Pasqua, attenuando i toni di sereno rigore penitenziale che sono tipici di questo tempo privilegiato. E difatti il tema della liturgia della Parola è proprio la luce nella sua molteplice declinazione: Cristo luce, la luce degli occhi del cieco nato, la luce che la consacrazione battesimale accende in coloro che sono lavati dall’acqua. E se la prima lettura (1Sam16,1b.4.6-7.10-13) richiama il tema dell’unzione (anticipazione dell’unzione battesimale) attraverso il racconto della consacrazione regale di Davide, la seconda (Ef 5,8-14) ricorda ai battezzati che essi sono «luce nel Signore […] figli della luce» (v. 8) e dunque rivestiti della luce di Cristo sono “illuminati” per diffondere luce attraverso la testimonianza della loro vita.

Questi richiami al battesimo sono propri della liturgia quaresimale che nelle cinque domeniche delinea un grande affresco di accompagnamento del fedele cristiano affinché ridesti la grazia della sua iniziazione alla vita divina per ravvivare in lui quella «sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14).

L’episodio narrato nella pagina evangelica di questa domenica riporta la lunga e controversa vicenda della guarigione di un cieco nato, con momenti di grande tensione, ma con uno slancio finale di fede del guarito. Quest’uomo è figura del battezzato, passato egli pure dalle tenebre del peccato alla luce della filiazione divina. Il groviglio di situazioni deplorevoli che il malcapitato deve affrontare sono metafora della continua lotta che il battezzato deve sostenere per evitare che il buio si impadronisca di nuovo di lui e per far continuare a risplendere il fulgore della grazia divina che trasfigura i figli di Dio.

Il messaggio che la liturgia domenicale offre è bene intonato con la situazione che stiamo vivendo. La pandemia che si è abbattuta sull’Italia, con tinte fosche più che altrove, è davvero una coltre di buio che avvolge tutti e che toglie il respiro a tanti. Le risorse sanitarie (strutture e mezzi) si rivelano insufficienti e inadeguate ai numeri; le misure adottate per arginare e contenere il contagio trovano inspiegabili resistenze in quanti stanno colpevolmente e irresponsabilmente disattendendo le disposizioni date, mettendo a repentaglio la propria, ma soprattutto l’altrui incolumità; la tardiva valutazione del fenomeno e l’impreparazione della scienza a fronteggiare un nemico nuovo e tremendamente aggressivo stanno dando dimensioni impensabili al flagello.

In tutto questo la luce della fede, l’affidamento filiale e orante a Dio, la generosità degli addetti ai lavori e dei volontari, il sostegno della carità verso chi ha d’improvviso perduto il lavoro e la fonte del proprio sostentamento aprono spiragli di luce e di speranza e invocano da Dio quell’aiuto che solo può dare efficacia agli sforzi congiunti di quanti si spendono in questa battaglia immane.

Domenico, Vescovo

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