Nell’esordio della lettera indirizzata ai cristiani della Galazia, Paolo si presenta come “apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti” (Gal 1,1). Il fondamento del Vangelo è dunque la Risurrezione del Signore, il più grande dono del Padre, che ha scelto di amare gli uomini così tanto da “dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Di questa certezza profonda il cristiano vive e per essa può dire al mondo la Parola che salva. Al di là di ogni opera della carne, di ogni debolezza, fragilità, presunzione, peccato. “Ė bene per voi che io me ne vada – leggiamo in Gv16,7 – perché se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito; se invece me ne vado , lo manderò a voi”. E ancora il IV Vangelo precisa: “Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me e anche voi mi darete testimonianza” (Gv15,26-27a).
Siamo al cuore del mistero trinitario, di quel Dio unico, che si svela come indissolubile comunione, così grande e profonda che nessuna facoltà umana è capace di comprendere. Lo Spirito è il respiro d’amore tra il Padre e il Figlio; non si consuma però in una relazione intrinseca, che connota solamente l’essenza di Dio, ma esplode nella fecondità della creazione e genera la vita. Crea uomini liberi, in grado di accogliere o rifiutare lo strano paradosso della salvezza e del perdono. Per questo Paolo rimprovera aspramente i Galati: “Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, volete finire nel segno della carne?” (Gal 3,3). Rifiutare il Vangelo significa dunque rinnegare lo Spirito e rinunciare al Paraclito, colui che svela il senso della Croce e consola nelle pene dell’esistenza. Solamente lo Spirito del Risorto, che permea il cuore del discepolo, rende comprensibile la “verità” della storia con le sue contraddizioni; svela il senso delle sventure e delle gioie, degli scoraggiamenti e delle speranze dei poveri (cfr Q o4,1). E porta con loro il peso del dolore (cfr Gv 16,12).
Erina Ferlito per Condividere