“O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rom11,33), esclama Paolo, rivolgendosi ai cristiani di Roma. Gli è maestra la Scrittura (cfr Is 40,13.28), gli è testimone la propria esperienza! Era fiero persecutore dei cristiani, come o forse più di ogni giudeo osservante; ma Dio lo chiama con la sua grazia e gli rivela il Figlio perché lo annunzi alle genti (cfr Gal 1,13-16a). La vicenda, raccontata più volte e secondo generi letterari differenti (cfr At 9; 2 Cor 12,1-7; At 22,3-21), proclama che la vocazione al discepolato non si conquista per merito, ma si accoglie gioiosamente come dono dello Spirito. La narrazione che l’Apostolo ne fa nella lettera ai Galati si snoda attraverso delle sequenze interessanti: il persecutore, che vive l’incontro sconvolgente con il Signore, deve innanzitutto stare a lungo con lui (cfr Mc 3,13), nell’intimità più profonda (cfr Gal 1,16b-17).
Solo successivamente – “tre anni dopo” – si reca nella “città santa”, per conoscere Cefa e gli altri e condividere con loro la missione affidatagli dallo Spirito del Risorto. A questo punto il discepolo diviene “apostolo”, inviato dal Signore a evangelizzare i “non circoncisi” (cfr Gal 2,7). Il racconto procede attraverso tappe fortemente paradigmatiche, che costituiscono fondamento della prassi della comunità cristiana dei primi secoli: la chiamata alla conversione, che non obbedisce a criteri umani; l’intimità con il Signore, che appartiene al cammino di fede dei “catecumeni”; la partecipazione al mistero liturgico, cui il neofita è ammesso; la missione, che lo invia a evangelizzare i popoli. Si tratta delle medesime “tappe” della vita di ogni discepolo, e perciò della nostra vita: nessuno può essere apostolo senza una profonda e intensa relazione con il Signore; e nessuno sganciato dalla comunità dei credenti. Le nostre parrocchie potranno elaborare i più sofisticati metodi e i più sottili criteri di annuncio della fede, ma essi saranno vani se lo Spirito non permea l’esistenza di ciascuno, perché non potranno toccare il cuore degli uomini.
Erina Ferlito per Condividere