Un omaggio a don Antonio Riboldi. A 100 anni dalla nascita del Vescovo emerito di Acerra e parroco a Santa Ninfa ai tempi del sisma del Belìce, il giornalista Pietro Perone ha pubblicato “Don Riboldi: 1923-2023, il coraggio tradito”. Il libro è stato presentato venerdì scorso nell’aula consiliare del Comune di Santa Ninfa e ripercorre le tappe essenziali dell’impegno di don Riboldi per la legalità e per la dignità umana. La sua fu una voce che si fece sentire in Parlamento, in dialogo e in polemica con i politici, ma anche in mezzo ai giovani, alla gente comune e faccia a faccia con i criminali che volevano imporre la propria autorità su ogni aspetto della vita sociale.
La lotta di monsignor Riboldi fu efficace? Non del tutto. Essa avviò una presa di coscienza indispensabile per i successi giudiziari contro la camorra, ma restò anche, in parte, inascoltata perché egli voleva una riforma del vivere civile di Napoli, di tutta la Campania e del Mezzogiorno. L’autore del libro negli anni Ottanta è stato uno dei “ragazzi” di don Riboldi. Il libro racconta molte vicende vissute in presa diretta come quelle del novembre e dicembre 1982: in migliaia marciano con il Vescovo di Acerra, monsignor Riboldi. Manifestano con lui, con coraggio, contro la camorra e contro il suo potere. Come fece don Riboldi da parroco rosminiano con le popolazioni della Valle del Belìce.
Don Riboldi restò a Santa Ninfa 20 anni, dal 1958 al 1978. In realtà doveva andarsene nel 1968. Restò, invece, diventando ancor più di prima il pastore, la guida, la speranza di quella gente abbandonata. Gridò forte contro i soccorsi mancati e contro chi rubava sulla pelle dei poveri. Portò i terremotati a Roma da Paolo VI e davanti ai palazzi della politica.