L’esortazione apostolica post-sinodale Evangelii gaudium, come molti hanno già sostenuto, rappresenta senza alcun dubbio il documento programmatico del pontificato di Papa Francesco. Il testo piuttosto corposo, frutto della XIII Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana», celebratasi nell’ottobre 2012, si muove in una precisa direzione: prendere in considerazione quelle tematiche più delicate che la Chiesa è chiamata a discernere alla luce del Vangelo, leggere con saggezza e in chiave pedagogica il contesto attuale e tentare di comprendere come è possibile oggi annunciare con gioia la salvezza donataci da Dio in Cristo Gesù.
Papa Francesco, da attento osservatore e da uomo di profonda esperienza spirituale ed ecclesiale, mostra con chiarezza e schiettezza a tutto il Popolo di Dio quelle realtà che non permettono un sano annuncio del Vangelo e dà indicazioni opportune affinché ciò avvenga in spirito di servizio. L’invito rivolto è quello di «uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie» (n. 20). Affinché ciò avvenga è necessario che la pastorale rilegga se stessa in chiave missionaria e scelga risolutamente «di abbandonare il comodo criterio del “si è fatto sempre così”» (n. 33). Un dato di fatto che dovrebbe interrogarci è il seguente: «se parte della nostra gente battezzata non sperimenta la propria appartenenza alla Chiesa, ciò si deve anche ad alcune strutture e ad un clima poco accoglienti in alcune delle nostre parrocchie e comunità » (n. 63). Non bisogna dimenticare, infatti, che «in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario » (n. 120).
Il Papa, successivamente, si sofferma sull’omelia, considerata un ottimo strumento per l’evangelizzazione; ma perché ciò avvenga è necessario che chi tiene l’omelia sia «un contemplativo della Parola e un contemplativo del popolo» (n. 154), avendo chiaro che «tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma» (n. 165). Anche politica e fenomeno migratorio sono messi al centro dell’attenzione: «la politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità» (n. 205); e sulle migrazioni aggiunge: «noi cristiani dovremmo accogliere con affetto e rispetto gli immigrati dell’Islam che arrivano nei nostri Paesi» (n. 253). È chiaro che sulla base di queste parole si prospetta un cammino di Chiesa impegnativo: dalla nostra gioia cristiana dipende molto! e semmai dovessimo essere tentati dallo scoraggiamento o dalla paura dell’innovazione, il Papa ci ricorda che «Gesù Cristo può anche rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività divina» (n. 11).
Don Davide Chirco