Scrivere di soldi riguardo alla Chiesa è uno degli argomenti più insidiosi e combattuti attualmente: continue trasmissioni televisive sugli scandali finanziari nella Chiesa, il tam tam sui social che si susseguono sulle diverse amministrazioni indagate sulla loro legalità e giustizia, le notizie di commissariamenti amministrativi vaticani voluti direttamente da Papa Francesco, suscitano continui e vivaci dibattiti, accanto al distacco e alla delusione di alcuni, e, d’altrocanto, tentativi di difesa di altri della parte sana degli uomini di Chiesa. È una vera e profonda ferita. Scrivere della carità del Papa, e dunque dell’uso dei soldi della Chiesa, in un tempo ferito da scandali e commissariamenti chiede allora non solo di non cedere a superficiali difese, a priori che nascondano la realtà, ma anche di non diventare giustizialisti, solo alla ricerca di quei colpevoli che hanno sporcato la dignità della Chiesa.
Entrambi gli atteggiamenti si rifiutano di entrare nella ferita economica della Chiesa. Invece occorre avere la consapevolezza che essa è una occasione favorevole di conversione e di riforma. La carità del Papa, colta nella ferita della Chiesa, diventa occasione per rilanciare poche e concrete linee evangeliche di rapporto con i soldi e con i poveri. La carità infatti si pone concretamente sulla necessità di avere dei soldi per poter aiutare e sostenere i poveri. Questa tensione caritativa soldi-poveri è stata ferita dagli scandali. Ma non possiamo e non dobbiamo rinunciare a essa. Uso un’immagine riscattata: si tratta di passare dalle sole voci dei bilanci, ai volti dei bilanci. La Chiesa non conosce solo le voci per fare i bilanci della sua amministrazione, ma anche i volti. E questi sono soprattutto i volti dei poveri.
I volti dei bilanci che trasformano i soldi in carità. Per passare dalle sole voci ai volti di bilancio propongo quattro azioni amministrative concrete che riscattino la credibilità del trasformarsi dei soldi della Chiesa in carità. Quattro passi che tengano conto di un retroterra evangelico, tutt’altro che ambiguo, dell’insegnamento di Gesù e di una vera pedagogia della provvidenza come paternità e misericordia di Dio: l’insegnamento sinottico sui ricchi e la cruna dell’ago riguarda tutti, non solo i laici, la reazione di Gesù davanti ai mercanti del Tempio, l’ammirazione di Gesù per la vedova e la sua offerta nel tesoro del Tempio, e soprattutto, non sorprenda troppo, la disponibilità di beni che aveva il Padre misericordioso.
Sono quattro pagine di Vangelo che orientano a quattro principi amministrativi: la scelta coraggiosa di impoverirsi, cioè di spogliarsi, come per Gesù così per tutta la Chiesa; la non conciliabilità tra potere e povertà, come per Gesù così per tutta la Chiesa; la carità come compito e responsabilità, come per Gesù così per tutta la Chiesa; infine, il quarto principio, l’esempio del Papa come uomo di carità, allo stesso modo di Gesù. Nel tempo ferito della relazione della Chiesa con i soldi e con i poveri la credibilità passa solo dall’esempio. I quattro principi, fedeli alle quattro pagine di Vangelo, appartengono interamente al sogno di Francesco di una Chiesa povera per i poveri. E se il sogno, proprio a causa del dolore della ferita, cominciasse a essere un sogno condiviso? E se il sogno, come già per la notte di san Giuseppe, diventasse il tempo nascosto del travaglio per uomini e donne della Chiesa che conoscono questa ferita ma che riconoscono ancora i volti dei poveri?
La carità del Papa diventa occasione favorevole nel tempo ferito degli scandali amministrativi per ribadire, a noi stessi e a tutti, che per la Chiesa, così come per il Vangelo, i volti dei bilanci, ovvero i poveri, sono la ragione delle voci dei bilanci, cioè del modo con cui si amministra il patrimonio. L’incomprensione amministrativa tra Gesù e i discepoli durante la cena di Betania, a casa di Lazzaro Marta e Maria, è la ferita trascendentale che permette a ogni altra ferita amministrativa della Chiesa di diventare occasione favorevole di conversione e di riforma.
don Vito Impellizzeri per Condividere