Chi ha mai potuto immaginare prima di Facebook, che con un click si sarebbe potuto condividere un messaggio in tempo reale con i propri compagni di scuola, professori, amici e magari avere anche l’opportunità di scrivere un articolo come questo? Risulta quindi evidente che essere “amici” su Facebook non corrisponde alla stessa concezione di amicizia che si ha nella realtà, si tratta piuttosto di quantità (conoscenti) che di qualità (rapporti intensamente confidenziali). I social network, più specialmente il diffusissimo Facebook, hanno radicalmente cambiato e facilitato il modo di comunicare e di conoscere gente; ma tanto riescono a influenzare questi due aspetti delle interazioni umane, i più superficiali, quanto sono limitati nel cambiare la concezione di amicizia, aspetto decisamente più profondo. tutto ciò non vuole certo significare che degenerazioni sociali, causate dall’utilizzo di un’arma a doppio taglio come quella in questione, siano del tutto assenti.
Nonostante il cattivo utilizzo sia un elemento relativamente limitato, solitamente derivante da una situazione sociologica particolare già preesistente e spesso legata all’ambiente, al grado di educazione e al livello più o meno limitato di stimoli dell’individuo, è necessario precisare alcuni fenomeni, come per esempio la dipendenza da Facebook. teoricamente, gli users (letteralmente utilizzatori) di un social network creano la propria pagina personale, dove pubblicano interessi, libri letti, film guardati, vari commenti e foto corrispondenti alla realtà. Accade talvolta che tutto questo materiale digitale non è assolutamente lo specchio della propria dimensione reale, ma piuttosto la proiezione di particolari “desideri sociali”, grazie ai quali si guadagna il consenso altrui (almeno virtualmente), una realtà idealizzata costruita sulla base di come si vorrebbe la propria vita, o meglio, di come la vorrebbero gli altri.
Quando casi come questi si verificano, è necessario esaminarli con non poca dose di delicatezza, al fine di evitare disastri che possono anche essere fatali. tutto il meccanismo parte da una non accettazione del proprio io nella vita reale e quindi da una sfrenata ricerca del consenso altrui, che ovviamente sembra non poter essere trovato nel mondo reale. Da qui si dà inizio ad un processo di costruzione di un’immagine, un’idea, una vita virtuale idealizzata, dedito ad attrarre il maggiore numero di consensi, con lo scopo di sentirsi accettati. Da ciò è possibile comprendere come in determinati casi, avere dei likes su Facebook diviene motivo di compiacimento e accettazione nella società. va da sé che individui con queste caratteristiche danno un peso di notevole importanza alla loro vita virtuale, letteralmente vitale. non è raro apprendere di ragazzi omosessuali che scelgono il suicidio a causa di insulti particolarmente pesanti presenti sul proprio profilo.
Per questi motivi Facebook e tutti i siti di condivisione sono un’arma a doppio taglio, da un lato un’enorme mole di opportunità di conoscere gente, di mantenersi in contatto con chi è fisicamente lontano, d’informarsi e magari di scrivere un articolo; dall’altro un tunnel di dipendenza da cui è difficile uscire. ne vale la pena? A voi la scelta.
2 – fine
Giuseppe Tavormina