L’incontro del mondo della scuola con Papa Francesco di sabato 10 maggio in piazza San Pietro, con un prolungamento su via della Conciliazione e fino a Castel Sant’Angelo, è stato uno di quegli eventi per i quali dire: “C’ero anch’io” diventa un titolo di vanto. E io ci sono stato e ho potuto godere di uno scenario davvero entusiasmante nel suo genere: circa 300.000 partecipanti in rappresentanza di alunni, docenti, famiglie, enti gestori, che hanno offerto testimonianze vere e talora anche toccanti. Ed è stato un incontro vero perché il Papa ha impiegato un’ora per carezzare tutti dalla sua macchina, in un abbraccio ideale, ma ravvicinato. La vasta platea dei protagonisti ha interloquito nei momenti di intrattenimento e soprattutto nei dialoghi con il Papa, che ha voluto far ripetere alla piazza taluni slogan perché il loro contenuto si fissasse soprattutto nella mente e nel cuore dei giovani studenti.
Le parole del Papa sono state il momento culminante di quell’incontro per molti indimenticabile e hanno coinvolto tutti perché non erano né scontate, né astratte. Taluni passaggi meritano di essere diffusi ampiamente perché offrono indicazioni pratiche circa gli atteggiamenti da assumere nei confronti della scuola. All’inizio del suo intervento Papa Francesco ha voluto rimarcare che «questa manifestazione non è “contro”, è “per”! Non è un lamento, è una festa! Una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo. Ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola». Ed egli ha voluto motivare questa scelta d’amore per la scuola, una scelta realistica non aprioristica con tre affermazioni assai incisive. La prima: «Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni».
La seconda: la scuola «è un luogo di incontro. E noi oggi abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro per conoscerci, per amarci, per camminare insieme». La terza: «amo la scuola perché ci educa al vero, al bene e al bello». E ha fatto sua, a questo riguardo, una fortissima frase detta poco prima da Yuri Chechi: «è sempre più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca!». Che bella lezione in una classe a cielo aperto, conclusa con un augurio pieno di affetto e di simpatia: «Auguro a tutti voi, genitori, insegnanti, persone che lavorano nella scuola, studenti, una bella strada nella scuola, una strada che faccia crescere le tre lingue, che una persona matura deve sapere parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Ma, armoniosamente, cioè pensare quello che tu senti e quello che tu fai; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai; e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti».
Mons. Domenico Mogavero
ALCUNI PASSI DEL DISCORSO DEL PAPA
«Si vede che questa manifestazione non è “contro”, è “per”! Non è un lamento, è una festa! Una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo. Ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. È un luogo di incontro. E noi oggi abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro per conoscerci, per amarci, per camminare insieme. E poi amo la scuola perché ci educa al vero, al bene e al bello. Vanno insieme tutti e tre. L’educazione non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla. E nell’educazione è tanto importante quello che abbiamo sentito anche oggi: è sempre più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca! Auguro a tutti voi, genitori, insegnanti, persone che lavorano nella scuola, studenti, una bella strada nella scuola, una strada che faccia crescere le tre lingue, che una persona matura deve sapere parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Ma, armoniosamente, cioè pensare quello che tu senti e quello che tu fai; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai; e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti».