«Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste: un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto»: è il grande annunzio della Pasqua, è il canto che spezza il silenzio della notte. Le tenebre avvolgono il mondo e la luce irrompe improvvisa. La Chiesa veglia in preghiera: la Sposa attende, lo Sposo giunge e un abbraccio li confonde. La santa liturgia è carica di simboli, e ognuno di essi è un poema d’amore. Tutte le luci sono spente, solo il fuoco nuovo brucia oltre la porta. Su di esso il celebrante invoca la benedizione del Padre.
Viene preparato il Cero, frutto del lavoro delle api, che simboleggia il Cristo risorto. Su di esso è segnata la Croce della salvezza; vengono incisi l’alfa e l’omega, principio e fine di ogni cosa creata, e le quattro cifre dell’anno a indicare la signoria del Risorto sulla storia: «Il Cristo ieri e oggi. Principio e fine. Alfa e Omega. A lui appartengono il tempo e i secoli. A lui la gloria e il potere». Il Cero, acceso al fuoco nuovo, avanza in processione lungo la navata centrale, e il diacono che lo porta canta, per tre volte e a voce sempre più spiegata: «Cristo, luce del mondo!». In coro l’Assemblea risponde: «Rendiamo grazie a Dio!».
Alla fiamma del Cero vengono accese via via le candele che tutti stringono nelle mani. Una luce sempre più intensa si propaga e fende il buio della notte. Ora il diacono intona l’Exultet, il solenne Preconio della Pasqua: Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste; gioisca la terra tutta, gioisca la madre Chiesa. Questa è la vera Pasqua, in cui è ucciso il vero Agnello. Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro. O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo Creatore! Ti preghiamo, Signore, che questo cero risplenda di luce che mai si spegne. Salga a te come sacrificio soave, si confonda con le stelle del cielo. Lo trovi acceso la stella del mattino, quella stella che non conosce tramonto: Cristo, tuo Figlio che, risuscitato dai morti, fa risplendere sugli uomini la sua luce serena.
Dall’ambone viene proclamata la Parola di Dio: lunga e stupenda narrazione della storia salvifica, meraviglioso racconto della relazione di Dio con il suo popolo, che nel Cristo risorto giunge a compimento e diviene comunione. Per sempre. «In principio Dio creò il cielo e la terra». Dio disse e da quella Parola sgorgò la vita (cfr Gen 1,1-2,2). Poi il dramma di Abramo: il Signore gli chiede il sacrificio del suo unico figlio e, per fede, Abramo obbedisce. Quella fede salva il giovane Isacco e, per la stessa fede, Abramo è benedetto da Dio e, con lui, tutta la sua discendenza e ogni nazione della terra (cfr Gen 22,1-18). Segue il racconto dell’esodo dell’antico popolo: il Signore sostiene le braccia di Mosè, che dividono le acque per la salvezza d’Israele, mentre gli egiziani ne sono sommersi. Dio guida il suo popolo e la sua destra annienta il nemico (cfr Es 14,15-15,1).
Un’immagine sponsale è disegnata nel testo del profeta Isaia: «tuo sposo è il tuo creatore, […] tuo redentore è il Santo d’Israele. […]Come una donna abbandonata […] ti ha richiamata il Signore». L’amore che Dio nutre per la sposa è per sempre e la sua alleanza non vacilla. La colma di gioielli e la sua tenerezza la consola (cfr Is 54,5-14). E ancora Isaia proclama la gratuità della salvezza e la fedeltà del Signore: la sua alleanza non si spezza, misurata è la sua misericordia, efficace la parola uscita dalla sua bocca (cfr Is 55,1-11). Accorato l’appello del profeta Baruc: Israele ha abbandonato la sapienza della Torah. «Ritorna, Giacobbe, e accoglila, cammina allo splendore della sua luce» (cfr Bar 3,9-15.32-4,4). Infine il profeta Ezechiele: «Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo […]. Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo […]. Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio» (cfr Ez 36,16-17a.18-28). Al termine della lunga storia veterotestamentaria l’Assemblea liturgica intona il canto pasquale, che ha taciuto durante il tempo di quaresima: “Gloria in excelsis Deo”. Si adorna l’altare delle candele accese; il suono delle campane si scioglie. Viene proclamata l’Epistola: siamo stati battezzati in Cristo e abbiamo ricevuto una vita nuova. Siamo morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù (cfr Rom 6,3-11). Risuona l’alleluja ad accogliere il Vangelo della Risurrezione: L’angelo dice alle donne: «So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui […]. Ѐ risorto dai morti e vi precede in Galilea» (cfr Mt 28,1-10).
Ora ha luogo la liturgia battesimale. La Chiesa antica celebrava il battesimo solamente il questa notte, perché è nel Cristo morto che siamo morti al peccato e nel Risorto siamo risorti a nuova vita. La santa Veglia prosegue, nella pienezza della gioia, con la liturgia eucaristica. Invitato al banchetto di nozze dell’Agnello, il popolo di Dio mangia il pane della vita e beve al calice della salvezza, il pane che nutre la storia e il vino che infonde la gioia. L’universo tutto è reso nuovo per quel pane e per quel vino, corpo e sangue del Signore Gesù, segno di unità e dono di carità.
Ѐ Pasqua! Non più lacrime, né morte, né fatiche, né affanno: le cose di prima sono passate (cfr Ap 21,4b). Ѐ Pasqua! Dio asciugherà ogni lacrima dagli occhi degli uomini (cfr Ap 21,4a). Ѐ Pasqua! Cieli nuovi e nuova terra ha fatto il Signore (cfr Ap 21,5b). Christòs anesti, alethòs anesti! Cristo è risorto, è veramente risorto!
Erina Ferlito
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