La liturgia di questi giorni della Settimana santa sia nell’Eucaristia che nella preghiera della lode continua a presentare il Cristo servo sofferente che si offre liberamente alla sua passione per entrare nella gloria del Padre. Le orazioni della messa si configurano come una costante meditazione sul valore salvifico della Passione di Cristo. Essa è considerata l’evento che consente il ritorno alla vita da parte “dell’umanità sfinita per la sua debolezza mortale”, mentre la Chiesa nutre la “certezza di essere rigenerata alla vita eterna”. La Passione di Cristo è “il luogo in cui la nostra condanna di morte viene annullata” e la realtà che ci fa “giungere alla gloria della risurrezione”, liberandoci dal “potere del nemico”.
La liturgia ci offre inoltre la possibilità di meditare sulla figura del Servo di Jahvè così come viene proposta nei carmi del profeta Isaia. Questa impostazione liturgica fa capo a una tradizione molto antica, in pratica al periodo di organizzazione del Rito romano tra VII e VIII secolo.
Sappiamo che a Roma era particolarmente importante la “feria IV”, ossia il mercoledì, che aveva una “stazione” a san Giovanni in Laterano. La riunione mattutina era detta “aliturgica”, cioè senza celebrazione eucaristica, cosa del tutto normale a quei tempi; ma vi si proponevano le lezioni di Isaia e le orationes solemnes, come quelle che abbiamo conservato al Venerdì santo, la forma più antica di preghiera dei fedeli.
La celebrazione eucaristica era invece riservata al Papa che la presiedeva in ora vespertina a santa Maria Maggiore. I capitolari romani attestano che in quell’occasione si leggeva il Passio secondo il Vangelo di san Luca. Prima del 1970 si leggevano ogni anno tutti e quattro i vangeli della Passione nel corso della Settimana santa: la Domenica delle Palme quello secondo Matteo, il Martedì santo quello secondo Marco, il Mercoledì quello secondo Luca e il Venerdì quello secondo Giovanni. Dopo la riforma liturgica, per il fatto che i tre Sinottici vengono letti la Domenica delle Palme nel ciclo dei tre anni, nei primi tre giorni della Settimana santa sono stati inseriti per il lunedì il vangelo dell’unzione di Betania (Gv 12,1-11), racconto inquadrato nel contesto della terza e ultima Pasqua della vita terrena di Gesù; quello dell’annuncio del tradimento di Giuda e del rinnegamento di Pietro (Gv 13,21-38) per il martedì; il racconto dei preparativi della cena pasquale (Mt 26,14-25) per il mercoledì.
Anche questa impostazione cronologica della narrazione dei fatti della Passione secondo la tradizione evangelica ha precedenti molto antichi. È sempre Egeria a narrarci come a Gerusalemme, al popolo adunato nella basilica dell’Anastasis si leggesse la pericope evangelica in cui Giuda offre i suoi servizi al Sinedrio per tradire Gesù. E narra che alle parole del traditore “Quanto mi volete dare…” la folla “diventa tutto un muggito” e che lei stessa, come tanti altri, non può trattenere le lacrime.
Il secondo prefazio della Passione, che si recita in questi tre giorni e che risale a san Leone Magno, contempla “ormai vicini i giorni della Pasqua” mentre la comunità cristiana può trovare e vivere nella celebrazione eucaristica (recolitur sacramentum) l’esperienza di un nuovo Esodo. In pratica la Chiesa si prepara a celebrare più solennemente ciò che già vive e sperimenta: la luce della Risurrezione e l’ingresso nel tempo escatologico.
Don Leo Di Simone per Condividere