Il buio e il silenzio del Sabato Santo ci immettono nella celebrazione della grande Veglia Pasquale, dove la luce del fuoco, il suo calore e la sua vivacità, che sono segno di vita, disperdono le tenebre. E volti di uomini, che poco prima non avevano forma, prendono l’immagine luminosa di Colui che dalle tenebre li riporta alla vita. Ma perché ciò avvenga è necessario andare in quel sepolcro vuoto, che se pur «non può valere come dimostrazione della risurrezione di Cristo» (K.H. Rengstorf), è secondo la ricostruzione di Campenhausen «l’impulso decisivo che mise tutto in moto …».
La notizia data dalle donne fa decidere veramente i discepoli a muoversi verso la Pasqua, verso l’incontro con il Risorto, con «Colui che fa scendere all’Ade e fa risalire » (H.H. von Balthasar). Ma cosa intendiamo per risurrezione di Gesù? Che un morto riprenda a vivere, nel contesto biblico non è una novità assoluta, ma non è questo che si vuole intendere, bensì il suo passaggio ad una forma di esistenza che ha lasciato la morte dietro di sé una volta per sempre (Rom 6,10) e quindi supera una volta per tutte, in Dio, i confini di questo eone (Ebr. 9,26; 1 Pt 3,18). Gesù a differenza anche di coloro che lui ha risuscitato, è stato preservato dalla corruzione, vive per Iddio, e ha le chiavi della morte e dell’Ade (At 1,17ss). Questo avvenimento supera tutto il nostro mondo di vita e di morte, per aprirci, attraverso questa rottura, una nuova strada verso la vita eterna di Dio.
Attraverso la fede nella risurrezione di Gesù (Lc. 24,34 – At 2,32; 3,15; 4,10) nasce così la Chiesa. Se Cristo non fosse risorto non ci sarebbe né Chiesa né fede. Il vero soggetto della fede di Pasqua sono i testimoni, dunque i discepoli. E’ impossibile eliminare dalla fede cristiana la resurrezione di Cristo, perché è da qui che acquistano peso l’esistenza terrena di Gesù e la sua Croce. Gli evangelisti affermano che solo a partire dall’avvenimento di Pasqua si è svelato ai discepoli il senso della vita precedente di Gesù e dell’intera Scrittura. Solo dopo l’incontro con il Risorto, essi hanno diffuso la “luce” di Pasqua perché potesse arrivare sino a noi. E ciò non è una semplice affermazione, essa è una manifestazione della persona stessa del Risorto, un segno. In quel momento viene sprigionata, quell’unica forza che genera convincimento, conversione e spinge i discepoli ad uscire dall’incertezza e incredulità, e per la prima volta professare apertamente la divinità del Risorto. Pensiamo alla storia di Tommaso, a quella dei discepoli di Emmaus, a Maria Maddalena, ma soprattutto pensiamo alla nostra storia!
Essi così diventano i testimoni della Resurrezione, impegnando tutta la loro esistenza in questa testimonianza, rispondendo della verità di ciò che è accaduto nella loro vita. Cristo, il Risorto – come riporta la costituzione Gaudium et spes –, capo della Chiesa, continua ad immergere sempre nuovamente nel suo essere coloro che, nella sequela, sono stati inviati al mondo: perché noi stiamo sotto la legge del Risorto, egli ci pone sulla via della croce e noi percorriamo questo cammino solo nella speranza e nella forza di colui che risorgendo è già il vincitore. In questo Triduum Paschale i cristiani non hanno un posto determinato da occupare, il loro posto non è né davanti né dietro la croce, ma da ambedue le parti, perché essi sono continuamente rinviati da un confine all’altro della terra a portare il lieto annuncio della salvezza.
Le monache clarisse del Sacro Cuore di Alcamo