[VERSO LA PASQUA/4] E’ Pasqua, Cristo è risorto: la riflessione delle monache clarisse del Sacro Cuore di Alcamo

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Il buio e il silenzio del Sabato Santo ci immettono nella celebrazione della grande Veglia Pasquale, dove la luce del fuoco, il suo calore e la sua vivacità, che sono segno di vita, disperdono le tenebre. E volti di uomini, che poco prima non avevano forma, prendono l’immagine luminosa di Colui che dalle tenebre li riporta alla vita. Ma perché ciò avvenga è necessario andare in quel sepolcro vuoto, che se pur «non può valere come dimostrazione della risurrezione di Cristo» (K.H. Rengstorf), è secondo la ricostruzione di Campenhausen «l’impulso decisivo che mise tutto in moto …».

La notizia data dalle donne fa decidere veramente i discepoli a muoversi verso la Pasqua, verso l’incontro con il Risorto, con «Colui che fa scendere all’Ade e fa risalire » (H.H. von Balthasar).  Ma cosa intendiamo per risurrezione di Gesù? Che un morto riprenda a vivere, nel contesto biblico non è una novità assoluta, ma non è questo che si vuole intendere, bensì il suo passaggio ad una forma di esistenza che ha lasciato la morte dietro di sé una volta per sempre (Rom 6,10) e quindi supera una volta per tutte, in Dio, i confini di questo eone (Ebr. 9,26; 1 Pt 3,18). Gesù a differenza anche di coloro che lui ha risuscitato, è stato preservato dalla corruzione, vive per Iddio, e ha le chiavi della morte e dell’Ade (At 1,17ss). Questo avvenimento supera tutto il nostro mondo di vita e di morte, per aprirci, attraverso questa rottura, una nuova strada verso la vita eterna di Dio.

Attraverso la fede nella risurrezione di Gesù (Lc. 24,34 – At 2,32; 3,15; 4,10) nasce così la Chiesa. Se Cristo non fosse risorto non ci sarebbe né Chiesa né fede. Il vero soggetto della fede di Pasqua sono i testimoni, dunque i discepoli. E’ impossibile eliminare dalla fede cristiana la resurrezione di Cristo, perché è da qui che acquistano peso l’esistenza terrena di Gesù e la sua Croce. Gli evangelisti affermano che solo a partire dall’avvenimento di Pasqua si è svelato ai discepoli il senso della vita precedente di Gesù e dell’intera Scrittura. Solo dopo l’incontro con il Risorto, essi hanno diffuso la “luce” di Pasqua perché potesse arrivare sino a noi. E ciò non è una semplice affermazione, essa è una manifestazione della persona stessa del Risorto, un segno. In quel momento viene sprigionata, quell’unica forza che genera convincimento, conversione e spinge i discepoli ad uscire dall’incertezza e incredulità, e per la prima volta professare apertamente la divinità del Risorto. Pensiamo alla storia di Tommaso, a quella dei discepoli di Emmaus, a Maria Maddalena, ma soprattutto pensiamo alla nostra storia!

Essi così diventano i testimoni della Resurrezione, impegnando tutta la loro esistenza in questa testimonianza, rispondendo della verità di ciò che è accaduto nella loro vita. Cristo, il Risorto – come riporta la costituzione Gaudium et spes –, capo della Chiesa, continua ad immergere sempre nuovamente nel suo essere coloro che, nella sequela, sono stati inviati al mondo: perché noi stiamo sotto la legge del Risorto, egli ci pone sulla via della croce e noi percorriamo questo cammino solo nella speranza e nella forza di colui che risorgendo è già il vincitore. In questo Triduum Paschale i cristiani non hanno un posto determinato da occupare, il loro posto non è né davanti né dietro la croce, ma da ambedue le parti, perché essi sono continuamente rinviati da un confine all’altro della terra a portare il lieto annuncio della salvezza.

Le monache clarisse del Sacro Cuore di Alcamo

LEGGI QUI LA PRIMA RIFLESSIONE DEL GIOVEDI SANTO

LEGGI QUI LA SECONDA RIFLESSIONE DEL VENERDI SANTO

LEGGI QUI LA TERZA RIFLESSIONE DEL SABATO SANTO

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