Abbiamo iniziato da qualche mese a vivere l’Anno della Fede, nella chiara consapevolezza che esso vuole fare emergere più evidente la consapevolezza che stiamo vivendo “l’anno di grazia del nostro Dio” (Is 61,2/Lc 4,19), un “anno di grazia” che si è inaugurato con l’Incarnazione del Signore e si compirà infinitamente al suo ritorno nella gloria. La grazia infatti è un abbassarsi di Dio verso la sua creatura per prendersene cura, la fede è la risposta dell’uomo a questo grazioso abbassarsi di Dio. La parola greca pìstis, che nel Nuovo Testamento denota la fede, proviene da una storia semantica ricca, in cui il significato originario non è religioso. Essa indica infatti la qualità di chi è affidabile, degno di fiducia, leale e capace di dare valido aiuto nel bisogno. Perciò negli autori greci classici l’aggettivo pistòs è detto di persone legate da vincoli di forte relazione: una buona moglie è pistè, un amico fidato è pìstos.
Proprio perché hanno questa caratteristica il marito, l’amico può riporre in loro la sua pìstis/fiducia. Nell’AT la radice ebraica ‘mn, che ha lo stesso senso della pìstis greca, giunge ad essere riferita alla madre, o alla nutrice, che si prende cura di un bambino, portandolo in braccio, nutrendolo, avendone ogni cura. Chi sperimenta la cura amorevole prova fede/fiducia nelle persone cui si affida. Dunque la fede è fiducia come fidarsi ed affidarsi a qualcuno che ha dato prova di essere affidabile. In questo senso il Natale è davvero la porta della fede dei cristiani. Facendosi uomo Dio è entrato in una condizione di assoluta prossimità con gli uomini, che nella sua esperienza condivisa hanno toccato con mano la grazia del suo essere affidabile. Nell’Incarnazione le nostre mani hanno toccato il Verbo della vita (1Gv 1,1), le nostre dita hanno penetrato le sue ferite d’amore (Gv 20,27), scanalature nella Roccia sicura e salda cui possiamo appoggiarci per non essere sbalzati via da ogni vento di questo mondo. La fede allora ci appare come un incontro tra due “fedi”: la fede/affidabilità di Dio, provata dall’Incarnazione del Verbo, e la fede/fiducia di chi ha visto “quanto gli costò l’avermi amato”. Così “contemplando Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili” (prefazio di Natale), quelle realtà che la fede crede, la speranza anela, ma solo la carità, frutto di entrambe, ottiene.
Don Marco Renda per Condividere